Corte di Appello di Milano, I Sez. Civile, sentenza n. 146 del 7 gennaio 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI MILANO
SEZIONE I CIVILE
riunita in camera di consiglio in persona di:
dr.ssa MARIA ROSARIA SODANO – PRESIDENTE
dr. ALBERTO VIGORELLI – CONSIGLIERE REL. EST.
dr.ssa CESIRA D’ANELLA – CONSIGLIERE
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, decisa nella camera di consiglio del 04.12.2013, promossa con atto di citazione in appello ritualmente notificato, avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza del Tribunale di Milano n. 9770/2008 del 08.07.2008, pubblicata in data 23.07.2008
DA
(Omissis) residente in (Omissis), difeso e rappresentato, giusta procura a margine dell’atto di citazione in appello, dall’avvocato (Omissis), presso il quale in Legnano è elettivamente domiciliato
APPELLANTE CONTRO
(Omissis) residente in (Omissis), rappresentato e difeso dall’avv. (Omissis), giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello, presso lo Studio della quale in Rho (MI), è elettivamente domiciliato APPELLATO
(Omissis), residente in (Omissis), APPELLATO CONTUMACE
(Omissis) residente in (Omissis), rappresentata e difesa, per delega in calce alla copia della citazione per chiamata di terzo in primo grado, dall’avv. (Omissis), presso lo Studio del quale, in Milano, è elettivamente domiciliata
APPELLANTE INCIDENTALE
causa avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza del Tribunale di Milano n. 9770/2008 del 08.07.2008, pubblicata in data 23.07.2008 nella quale all’udienza di precisazione delle conclusioni in data 24.09.2013 i difensori delle parti così CONCLUDEVANO:
PER L’APPELLANTE come da fogli allegati
PER L’APPELLATO
come da fogli allegati
PER L’APPELLANTE INCIDENTALE
come da fogli allegati
CORTE D’APPELLO DI MILANO SEZ. 1 CIV.
Nella causa d’appello n. 1834/09 R.G. – Presidente Dr. Tarantola Giuseppe – promossa da:
(Omissis) – appellante – avv. (Omissis)
Contro
(Omissis) – appellato – avv. (Omissis)
Contro
(Omissis) – appellata – avv. (Omissis)
Contro
(Omissis) – appellati – contumaci
FOGLIO DI PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI PER L’APPELLANTE NEL MERITO:
a) premessa ogni più opportuna declaratoria, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettare ogni domanda azionata dai sigg.ri (Omissis) nei confronti del geom. (Omissis) perché infondata in fatto e diritto per le ragioni esposte nella narrativa dell’atto di citazione in appello 12.05.2009;
b) esonerare, in ogni caso, l’appellante dal rimborso, in favore dei signori (Omissis) e (Omissis) delle somme dagli stessi dovute alla sig.ra (Omissis) in forza del capo 2 del dispositivo dell’impugnata sentenza, per la causali esposte nella narrativa dell’atto di citazione in appello 12.05.2009.
Con vittoria dei compensi ex D.M. 140/2012, da porre a carico solidale degli appellati sigg.ri (Omissis) e (Omissis).
IN VIA SUBORDINATA: nella non creduta ipotesi in cui l’adita Corte di Appello ritenesse comunque sussistente, nei fatti de quibus, la concorrente responsabilità del geom. (Omissis):
limitarne l’incidenza nella misura dell’1%, o in quella diversa che sarà ritenuta equa, stante la preponderante responsabilità, nei fatti de quibus, dei sigg.ri (Omissis) e (Omissis) e del Notaio (Omissis), con ogni conseguenza di legge anche in ordine alla rifusione delle spese legali liquidate in favore dell’attrice;
esonerare in ogni caso, l’appellante dal rimborso, in favore dei signori (Omissis) e (Omissis) delle somme dagli stessi dovute al la sig.ra (Omissis) in forza del capo 2 del dispositivo dell’impugnata sentenza, per la causali esposte nella narrativa dell’atto di citazione in appello;
– esonerare il geom. (Omissis) dal pagamento di qualsiasi somma richiestagli dai F.lli (Omissis) e (Omissis), a qualsiasi titolo ivi compreso il rimborso delle spese legali, stante il loro comportamento dolosamente reticente;
Con vittoria di spese, diritti ed onorari, da porre a carico solidale degli appellati sigg.ri (Omissis) e (Omissis).
IN VIA ISTRUTTORIA: ammettersi – ove ritenuti indispensabili ai fini della decisione della causa ex art. 345 c.p.c. – interrogatorio formale dei convenuti sigg. (Omissis) e (Omissis) e per testi sui seguenti capitoli di prova:
1) vero che nei primi giorni di giugno 2006 i sigg. (Omissis) e (Omissis) incaricarono il geom. (Omissis) di predisporre i frazionamenti catastali degli immobili descritti nell’atto di citazione di primo grado;
2) vero che nella circostanza di cui al precedente capitolo, i sigg. (Omissis) e (Omissis) assicurarono all’attuale appellante la correttezza delle informazioni da loro fornitegli, esonerandolo dal compiere qualsiasi ulteriore accertamento catastale, dagli stessi definito “inutilmente dispendioso”.
Si indicano a testi:
(Omissis), (Omissis); (Omissis), (Omissis).
Il procuratore della dott.ssa (Omissis) così precisa le conclusioni
Piaccia alla Corte Ecc.ma contrariis reiectis, NEL MERITO:
NEI CONFRONTI DEL GEOMETRA (Omissis) respingere l’appello dallo stesso proposto in quanto infondato in fatto e diritto quanto ai punti 2, 3 e 4 con le conseguenti decisioni ED IN ACCOGLIMENTO DELL’APPELLO INCIDENTALE PROPOSTO NEI CONFRONTI DEI SIGNORI (Omissis) e (Omissis) IN VIA PRINCIPALE
I) in riforma dell’impugnata sentenza, respingere la domanda dagli stessi formulata perché infondata in fatto e diritto non sussistendo responsabilità professionale del notaio, e conseguentemente dichiarare il notaio stesso non tenuto alla rifusione a favore dei f.lli (Omissis)
delle spese di lite (punto 5 P.Q.M.) e non tenuta a rimborsare ai f.lli (Omissis) le spese legali liquidate all’attrice sig.ra (Omissis) (punto 3 e 4 P.Q.M.);
II) dichiarare non tenuto il notaio (Omissis) alla restituzione ai f.lli (Omissis) della somma di Euro
15.532,25 oltre interessi legali (capo 2 e 4 P.Q.M.);
III) condannare i f.lli (Omissis), nella persona del sig. (Omissis), alla restituzione dell’importo di Euro 31.758,82 (Euro 14.280,00 spese legali avv. (Omissis) come liquidate e successive + Euro 17.478,82 spese avv. (Omissis) come liquidate e successive) corrisposti dal notaio (Omissis) in data 14 gennaio 2009, con gli interessi legali, alla stessa;
IN VIA SUBORDINATA: nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda principale
I) dichiarare non tenuto il notaio a rimborsare ai f.lli (Omissis) la somma di Euro 15.532.25 oltre interessi legali (capo 2 e 4 P.Q.M.);
II) disporre congrua riduzione delle spese liquidate delle quali ai punti 3 e 5 P.Q.M.;
III) condannare i f.lli (Omissis), in persona del sig. (Omissis), alla restituzione dell’importo pagato in eccesso, nella misura che verrà determinata in corso di causa, al notaio.
In termini istruttori si chiede che, in caso di contestazione, l’Ecc.ma Corte disponga d’ufficio l’acquisizione degli atti pubblici rep. 36774 racc. 4448 e rep. 36772 racc. 4446.
Con vittoria di spese dei due gradi del giudizio.
FOGLIO DI PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI PER L’APPELLATO, SIG. (Omissis) Si chiede che Ill.ma Corte d’Appello adita voglia confermare in ogni sua parte la sentenza n. 9770/2008 resa dal Tribunale di Milano – Sezione IV Civile – G.U. dott.ssa (Omissis) – in data 08/07/2008, depositata e pubblicata in data 23/07/2008, respingendo tutte le domande proposte dall’appellante in quanto inammissibili ed infondate in fatto ed in diritto.
Si chiede altresì che l’appellante venga condannato alla restituzione del compenso percepito (Euro.
847,77=), come stabilito nella narrativa della sentenza di primo grado (cfr. pag. 13), nonché condannato a rifondere tutte le spese di lite del presente giudizio d’appello. IN VIA ISTRUTTORIA
Questa difesa, ritenute le istanze istruttorie articolate dall’appellante del tutto inammissibili, poiché trattasi di circostanze tutte deducibili nel corso del giudizio di primo grado, ne chiede il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione in grado di appello regolarmente notificato l’appellante Geom. (Omissis) ha evocato in giudizio i signori (Omissis), (Omissis) e (Omissis), interponendo gravame avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 9770/2008 del 08.07.2008, pubblicata in data 23.07.2008 con la quale il primo Giudice:
a) ha dichiarato che l’unità immobiliare contraddistinta al Catasto del (Omissis) con i seguenti dati di identificazione: foglio 9, mappale 83, subalterno 725, cascina serbelloni n. 11, p. T-1, zc U, cat.
C/2 ci. 3, cons. 42, sup. cat. 31, rend. Euro 60,74, non è mai stata di proprietà dei signori (Omissis)
e (Omissis) e, pertanto, non è stata trasferita alla signora (Omissis) con la scrittura privata di compravendita conclusa da tali parti e autenticata dal Notaio (Omissis) in data 5 dicembre 2002 (nn. rep. 8546 e racc. 3847);
b) ha condannato i signori (Omissis) e (Omissis), in solido fra loro, al pagamento a favore della signora (Omissis) della somma di Euro 15.532,25, con gli interessi legali dal 5 dicembre 2002 al saldo sull’importo di Euro 13.782,25 e con gli interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo sull’importo di Euro 1.750,00;
c) ha condannato i convenuti signori (Omissis) alla rifusione a favore dell’attrice delle spese di lite che ha liquidato in Euro 510,00 per anticipazioni, Euro 2.000,00 per diritti e Euro 8.000,00 per onorari, oltre rimborso forfetario spese generali, Iva e Cpa;
d) ha condannato i terzi chiamati geom. (Omissis) e dott.ssa (Omissis), in solido tra loro, a rimborsare ai signori (Omissis) tutte le somme che gli stessi avrebbero pagato all’attrice in base alla condanna di cui ai capi 2 e 3 della sentenza, con gli interessi legali dall’esborso al saldo;
e) ha condannato i terzi chiamati, in solido tra loro, alla rifusione a favore dei convenuti signori (Omissis) delle spese di lite, liquidate in Euro 237,55 per anticipazioni, Euro 2.200,00 per diritti e
Euro 10.000,00 per onorari, oltre rimborso forfetario spese generali, Iva e Cpa.
La vicenda che ha interessato le parti è chiaramente sunteggiata nella sentenza del Giudice di primo grado che di seguito parzialmente si riporta.
Con atto notificato il 5 aprile 2006, la sig.ra (Omissis) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano i fratelli (Omissis) e (Omissis) ed esponeva le seguenti circostanze:
– il 7 maggio 2002 ella aveva sottoscritto la proposta di acquisto relativa ad un immobile sito in (Omissis), di proprietà dei convenuti, in tale proposta l’immobile veniva descritto con i vecchi datiidentificativi catastali (mappale 336, sub. 9);
– a detta proposta seguiva un contratto preliminare sottoscritto dall’attrice nonché e, pure in veste di
promissario acquirente, dal signor (Omissis) e, quali promittenti venditori, dai sig.ri (Omissis); in tale contratto preliminare i beni oggetto della futura compravendita erano descritti come consistenti
in: una porzione di fabbricato ad uso deposito, composta da tre locali al piano terreno e dai rispettivi sovrastanti tre locali al piano primo, il tutto censito al Catasto Fabbricati del (Omissis) al foglio 9, mappale 83, subalterni e 725, 726 e 727″;
– infine, in data 5 dicembre 2002 veniva stipulato il contratto definitivo di compravendita tra la signora (Omissis) da una parte e i signori (Omissis) dall’altra, mediante scrittura privata autenticata
dal Notaio (Omissis);
successivamente l’acquirente, intenzionata a ristrutturare le unità immobiliari acquistate, otteneva un permesso di costruire dal Comune di (Omissis) e incaricava un professionista di redigere il relativo progetto;
– in occasione dell’inizio dei lavori di ristrutturazione, però, ella apprendeva che una delle unità oggetto della suddetta compravendita, quella censita al catasto al foglio 9, mappale 83, subalterno 725, risultava di proprietà di terzi che ne avevano anche il possesso;
– la circostanza veniva confermata dai signori (Omissis) nonché dal notaio;
– da successive verifiche era emerso che l’unità immobiliare in questione non era mai stata di proprietà dei fratelli (Omissis) e che già all’epoca della compravendita risultava di proprietà della signora (Omissis); tutto ciò premesso, la signora (Omissis) sosteneva che i convenuti fossero sempre stati a conoscenza di non essere proprietari dell’unità immobiliare vendutale e che avessero, comunque, stipulato il contratto di compravendita al fine di appropriarsi del prezzo pari ad Euro 35.119,07. L’attrice evidenziava che, oltre ad aver sborsato invano il prezzo di compravendita, aveva sostenuto spese per complessivi Euro 11.478,00 (compenso versato al mediatore, onorari del notaio e compenso del professionista incaricato di avviare i lavori di ristrutturazione) e aveva subito danno per mancato guadagno pari ad Euro 117.194,66,00 corrispondente a quanto avrebbe potuto percepire dalla vendita al valore di mercato dell’immobile dopo la ristrutturazione. Chiedeva pertanto di accertare “la nullità parziale dell’atto di compravendita immobiliare in questione e dichiarare risolto il medesimo limitatamente alla vendita dell’unità immobiliare” risultata di proprietà di terzi; condannare quindi i signori (Omissis) alla restituzione dell’intero prezzo di compravendita, al risarcimento del danno emergente (Euro 11.478,75) e del lucro cessante (Euro 117.194,66), nonché ai sensi dell’articolo 1385 c.c. al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata al momento del preliminare. In via subordinata, chiedeva accertarsi la nullità
parziale dell’atto di compravendita e la condanna dei signori (Omissis) al pagamento del prezzo versato a titolo di risarcimento dei danni, oltre al risarcimento di tutti i danni già sopra indicati. I convenuti (Omissis), regolarmente costituitisi, esponevano che la ricostruzione dei fatti esposta nell’atto di citazione non era totalmente veritiera e esponevano a loro volta le seguenti circostanze:
– essi avevano ereditato un complesso immobiliare costituito da tre locali ad uso abitazione, una stalla, un portico con i rispettivi fienili, un pollaio e una latrina, siti nel più ampio contesto immobiliare di una casa colonica denominata “(Omissis)”;
– in quanto intenzionati a vendere tutti i suddetti immobili avevano incaricato il geom. (Omissis) di provvedere ai necessari aggiornamenti catastali, all’esito dei quali gli immobili di loro proprietà risultavano censiti al foglio 9, mappale 83 subalterni 725,726, 727;
– confidando nell’esatto operato del professionista sopra indicato, essi avevano promesso in vendita
i beni suddetti all’attrice e successivamente avevano stipulato il dedotto contratto di compravendita” con il ministero della Notaio dott.ssa (Omissis), la quale nulla aveva rilevato in ordine alla proprietà degli immobili;
– essi, poi, avevano appreso del dubbio circa la proprietà del subalterno 725 solo dopo le
contestazioni della compratrice.
Tutto ciò premesso, i convenuti chiedevano in primo luogo il differimento della prima udienza al fine di citare in giudizio il geom. (Omissis) ed il Notaio (Omissis), dai quali pretendevano di essere
garantiti e manlevati, ipotizzando la loro responsabilità professionale ai sensi dell’articolo 1176 c.c.,
per aver adempiuto alle prestazioni oggetto dei rispettivi incarichi senza l’ordinaria diligenza, malgrado entrambe le prestazioni fossero di facile soluzione.
Contestavano la sussistenza dei presupposti per la loro condanna al risarcimento del danno, perché,
sostenevano, dovuto solo in caso di loro malafede, che nella specie non sussisteva. Contestavano peraltro anche l’entità del danno e delle restituzioni richiesti.
Infine chiedevano disporsi l’integrazione del contraddittorio nei confronti del signor (Omissis), acquirente degli immobili insieme alla signora (Omissis).
Concludevano chiedendo la reiezione delle domande avversarie e in subordine, ove ritenuta la nullità parziale dell’atto di compravendita, il rigetto parziale delle domande stesse; in tale eventualità chiedevano di dichiarare la responsabilità esclusiva dei terzi chiamati e di condannare i medesimi a garantirli e manlevarli da ogni domanda dell’attrice nonché a risarcire i danni che potessero loro derivare in conseguenza dell’accoglimento delle domande dell’attrice; in particolare nei confronti del geom. (Omissis) chiedevano la condanna a rimborsare il compenso al medesimo corrisposto e pari ad Euro 600,00.
Previo differimento della prima udienza i convenuti provvedevano ad estendere il contraddittorio nei confronti del Notaio (Omissis) e del geom. (Omissis), con atto di citazione ad entrambi notificato in data 14 luglio 2006.
Mentre il convenuto (Omissis) rimaneva contumace, si costituiva il Notaio dott.ssa (Omissis), chiedendo la reiezione di ogni domanda nei suoi confronti formulata.
Osservava di aver diligentemente svolto il proprio mandato e in particolare esponeva quanto segue:
– in preparazione del contratto di compravendita di cui era stata incaricata, aveva chiesto e ottenuto
dai venditori la copia della dichiarazione di successione dell’originario proprietario signor (Omissis) e dell’atto di compravendita originario del 27 novembre 1949, proprio al fine di verificare la proprietà dei beni in capo ai venditori;
– avendo rilevato che gli immobili da vendere risultavano ancora iscritti al Catasto Terreni come (Omissis), aveva evidenziato ai signori (Omissis) la necessità dell’esatta e aggiornata identificazione catastale; – di tali incombenti i venditori avevano incaricato il geom. (Omissis);
poco prima del rogito ella aveva chiesto all’Ufficio del Territorio la visura aggiornata relativa al Catasto dei Fabbricati del (Omissis), rilevando che gli immobili iscritti come di proprietà dei signori (Omissis) recavano i subalterni numeri 725, 726 e 727 del mappale 83, foglio 9.
Ciò detto, il Notaio convenuto osservava di aver diligentemente effettuato tutte le verifiche del caso, indicando nel contratto di compravendita esattamente i beni che risultavano censiti come di proprietà dei signori (Omissis) ed oggetto delle operazioni di accatastamento dai medesimi commissionate al geometra (Omissis).
In data 20 dicembre 2006 si teneva la prima udienza e le parti venivano autorizzate a depositare memorie ai sensi dell’articolo 183 sesto comma c.p.c.. Con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 183 comma 6 n. 1 c.p.c. la signora (Omissis) ribadiva le domande già svolte e contestava la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti del signor (Omissis).
Con la memoria e s’articolo 183 comma 6 n. 1 c.p.c. e convenuti riconoscevano la parziale nullità del contratto di compravendita e di doversi far carico del rimborso del prezzo incassato relativamente al subalterno 725 risultata essere non di loro proprietà. Sottolineavano peraltro che la causa originaria che aveva condotto ad attribuire loro erroneamente anche il subalterno 725 era in primo luogo da ricercare nella poca diligenza dispiegata dal geometra Si. nel procedere alle operazioni di frazionamento. Osservavano che peraltro anche il notaio aveva operato senza la dovuta diligenza che le avrebbe consentito di rilevare l’errore.
All’esito del deposito anche delle memorie ex articolo 186, comma sesto, n. 2 c.p.c. (a cui peraltro provvedeva la sola attrice) e, il primo Giudice riteneva la causa matura per la decisione. causa giungeva a decisione.
Quindi, precisare le conclusioni, depositate la comparse conclusionali e le memorie di replica, la
causa giungeva a decisione.
L’appellante, proponendo gravame avverso la sentenza del Tribunale, ha lamentato l’errore del primo Giudice nel condannarlo in dispositivo al pagamento di Euro 11.706,00 quale prezzo della porzione del bene immobile non trasferito in proprietà all’acquirente; tale statuizione sarebbe in contrasto con quanto affermato dal medesimo Giudice in altro punto della sentenza e ultra petita rispetto a quanto chiesto nei confronti del Geom. (Omissis), terzo chiamato, dai convenuti in primo grado fratelli (Omissis) nella propria comparsa conclusionale.
L’appellante ha, inoltre, contestato la sussistenza della propria responsabilità professionale e comunque la mancata graduazione di essa rispetto a quella del Notaio (Omissis) nonché la misura
del risarcimento e il carico delle spese di lite come determinati dal Tribunale. Si è costituito l’appellato (Omissis) per resistere al gravame e chiedere la conferma della decisione di primo grado.
Si è, altresì, costituita l’appellata Notaio (Omissis) per proporre appello incidentale e lamentarel’errore del Giudice laddove ha condannato l’appellata, in solido con il Geom. (Omissis), al pagamento del prezzo del bene non trasferito, in aperto contrasto con quanto stabilito nel testo della sentenza e con quanto richiesto dai convenuti; inoltre, l’appellante incidentale ha contestato
l’erroneo riconoscimento della sua responsabilità, che a suo dire sarebbe invece insussistente, nonché l’errata ed eccessiva quantificazione del risarcimento e delle spese di lite a favore dei convenuti (Omissis).
La responsabilità del Geom. (Omissis)
L’appellante (Omissis) contumace in prime cure, contesta la propria responsabilità nella vicenda che ha condotto alla rogitazione di un subalterno non risultato poi di proprietà dei danti causa fratelli (Omissis).
Sostiene il (Omissis) che l’incarico ricevuto consisteva nella semplice redazione delle nuove schede catastali sulla base esclusivamente delle informazioni fornite dai signori (Omissis) senza alcun obbligo di consultazione dei titoli di provenienza o di verifica della veridicità delle informazioni ricevute e della effettiva proprietà in capo ai (Omissis) degli enti oggetto del nuovo accatastamento.
L’assunto è infondato.
L’attività oggetto del mandato conferito al Geom. (Omissis), ossia l’aggiornamento dell’identificazione catastale dei beni degli appellati e la redazione delle relative schede catastali, non poteva in alcun modo prescindere dal controllo ad opera del Geom. (Omissis) che la proprietà dei beni fosse realmente dei signori (Omissis); tale controllo avrebbe dovuto essere realizzato mediante l’esame dei titoli di acquisto della proprietà nonché accertando presso il NCEU la posizione e consecutività dei subalterni da riaccatastare. Risulta, invece, che i locali, originariamente descritti come ad uso abitativo, posizionati su tre livelli e separati dagli spazi adibiti
a portico e fienile, sono stati arbitrariamente censiti al Catasto come attigui ai due rustici e descritti come dislocati su due soli livelli, circostanza che ha comportato l’accatastamento erroneo di una porzione di immobile in proprietà e possesso di altri, il sub 725, come proprietà dei (Omissis).
Il Giudice il prime cure ha con grande chiarezza evidenziato che “La circostanza di per sé prova che il Geometra (Omissis) non ha diligentemente adempiuto alle prestazioni a cui era contrattualmente tenuto, avendo provveduto a redigere le nuove schede catastali, evidentemente, senza accertare previamente quali fossero i beni effettivamente di proprietà dei fratelli (Omissis) e, come tali, da dotare di nuovi dati catastali identificativi, e senza verificarne la consistenza reale.
Tale accertamento egli avrebbe potuto fare consultando previamente i titoli di provenienza e, poi, effettuando sopralluogo essendo suo compito riprodurre nelle planimetrie lo stato dei luoghi nel modo più fedele possibile.”
A nulla rileva, poi, che le schede catastali e la richiesta di variazione presentata al Catasto siano state sottoscritte anche dai signori (Omissis) in qualità di proprietari; essi, in quanto sprovvisti di cognizioni tecniche in materia, non erano certamente in grado di accorgersi dell’errore e non era esigibile che promuovessero una verifica circa la corrispondenza tra il contenuto di quei documenti e l’effettiva identità dei beni di loro proprietà.
Pertanto, il comportamento del Geom. (Omissis) integra l’inadempimento ex art. 1176 II comma c.c. delle prestazioni professionali cui era tenuto e comporta la sua responsabilità in ordine al risarcimento dei danni procurati ai signori (Omissis) dalla sua negligente condotta. La responsabilità del Notaio (Omissis)
La dott.ssa (Omissis) assume che nessuna responsabilità professionale sarebbe a lei ascrivibile in quanto avrebbe svolto tutti gli accertamenti richiesti a garanzia del corretto adempimento dell’incarico ricevuto.
L’appellante incidentale afferma che il suo obbligo di controllo si sarebbe limitato alla visura sullo stato catastale dei beni, visura da lei effetti lata in occasione del contratto preliminare di vendita e condotta sulla base delle nuove schede catastali del Geom. (Omissis).
Una volta accertata la legittimità dei titoli e verificata la corrispondenza dell’oggetto della vendita alle risultanze catastali, non sarebbe stato compito professionale del Notaio controllare che la rappresentazione grafica e planimetrica degli immobili corrispondesse allo stato reale della proprietà e dei luoghi.
L’atto di vendita, formalmente e sostanzialmente valido, sarebbe stato inficiato dalla falsa rappresentazione dei luoghi dovuta alla negligente opera del Geom. (Omissis) che avrebbe inglobato erroneamente nella proprietà (Omissis) beni altrui.
L’assunto non ha fondamento.
Dalla descrizione fattuale della vicenda, risulta chiaro che il Notaio (Omissis) nella redazione del contratto di vendita abbia considerato soltanto le planimetrie predisposte dal Geom. (Omissis), senza consultare con la dovuta perizia i precedenti atti di provenienza.
Per verificare che i beni che i (Omissis) intendevano vendere fossero realmente di loro proprietà, sarebbe stato necessario accertarsi che i medesimi beni costituissero l’oggetto del contratto d’acquisto da pane del padre dei fratelli (Omissis), ai quali poi i cespiti sono stati trasferiti per successione mortis causa; tale accertamento si sarebbe dovuto effettuare confrontando semplicemente la descrizione e le coerenze dei beni oggetto del titolo di provenienza con quanto riportato nelle schede catastali redatte dal Geom. (Omissis).
La mancata coincidenza delle due descrizioni avrebbe dovuto indurre il Notaio a rilevare l’errore o a far sorgere un dubbio in merito, da sciogliere con i dovuti controlli.
Fondatamente il primo, Giudice ha, quindi, statuito che “Nel predisporre la descrizione del bene oggetto della compravendita il Notaio non poteva limitarsi a richiamare i dati identificativi catastali risultanti dalle ultime schede catastali, ma doveva altresì esaminare il titolo di provenienza onde accertare che i beni fossero effettivamente di proprietà dei venditori.
Infatti, le risultanze dei registri catastali (preordinati a fini essenzialmente fiscali) hanno valore meramente indiziario e da esse non può trarsi la prova decisiva della consistenza degli immobili e della loro appartenenza. Ciò vale tanto più se quelle risultanze, come nel nostro caso, sono contraddette da altre emergenze, in particolare risultanti dal titolo di provenienza, poiché, in tema di compravendita immobiliare, ai fini dell’individuazione dell’immobile oggetto del contratto, più che i dati catastali ha valore determinante il contenuto descrittivo del titolo ed i confini indicati nel titolo stesso.
Nel nostro caso, come si è già detto, il Notaio avrebbe quindi dovuto esaminare il contratto del 27 novembre 1949 in punto descrizione dei beni immobili e, così facendo, avrebbe constatato che i beni acquistati in proprietà dall’avente causa dei signori (Omissis), e quindi divenuti di costoro, non
potevano coincidere con i beni descritti nelle schede catastali predisposte dal Geometra Si..
E’ ben vero che la terza chiamata, nel contratto 5.12.02 la descrizione dei beni coincide esattamente con quanto risulta dalle planimetrie catastali predisposte dal geom. (Omissis) ma proprio in ciò sta l’errore anche del Notaio, in quanto la stessa avrebbe dovuto curare che la descrizione fosse coincidente con quella del titolo di provenienza.”
Come è noto, l’attività professionale richiesta al Notaio nel caso di stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, per atto pubblico o scrittura privata autenticata, non è limitata al compito di accertamento della volontà delle parti e di redazione dell’atto di vendita; essa estende anche allo svolgimento delle attività accessorie necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e tra queste vi è il compimento di attività dirette a individuare esattamente il bene e a verificarne l’effettiva proprietà in capo al venditore, così da garantire una stipulazione legalmente valida ed efficace dell’atto, con il conseguimento dello scopo voluto dalle parti (v. Cass. 11.11.2011, n. 26020).
L’inosservanza di tali obblighi accessori comporta il sorgere di responsabilità contrattuale per inadempimento della prestazione d’opera intellettuale.
Da ciò deriva che il Notaio (Omissis) è tenuto ex art. 1176 c.c. a risarcire il danno che è derivato ai (Omissis) dalla sua negligente condotta. Quanto poi alle nuove risultanze documentali relative ad atti di vendita immobiliare datate 1997 ed allegate in appello, esse sono inammissibili, trattandosi di prove conosciute dal Notaio (Omissis)
anche durante lo svolgimento del giudizio di primo grado e che ben avrebbero potuto essere prodotte in quella sede.
Inoltre, esse non rivestono carattere di decisività ex art. 345 c.p.c. poiché fanno riferimento a subalterni diversi da quelli di cui è causa e da esse non si evince l’assenza di responsabilità del Notaio o il dolo asserito dei (Omissis).
Con riferimento, infine, alla posizione sia del Geom. (Omissis) sia a quella del Notaio (Omissis), circa le doglianze di entrambi in merito alla graduazione delle rispettive responsabilità, la Corte osserva che essa risulta correttamente individuata dal Tribunale nell’ordine di una misura identica a carico dei due professionisti, con responsabilità solidale tra i due.
Entrambi, infatti, si sono resi responsabili di negligenza nell’espletamento dei relativi mandati concorrendo in pari misura a determinare l’effetto finale di inserire nel rogito di vendita il subalterno di terzi.
La misura del risarcimento.
Va premesso che il primo Giudice è incorso in errore nella redazione del dispositivo della sentenza nella parte in cui ha posto a carico dei terzi chiamati, Geom. (Omissis) e Notaio (Omissis), l’onere di pagare, a titolo di risarcimento per il danno subito dai fratelli (Omissis), la somma di Euro 11.706,00 quale prezzo corrisposto dall’acquirente (Omissis) ai venditori per il bene poi non trasferito perché risultante non in proprietà dei (Omissis).
Il Tribunale ha correttamente stabilito nel corpo della sentenza come l’acquirente attrice abbia diritto ad un terzo di quanto versato a titolo di prezzo per la compravendita e, quindi, alla restituzione di Euro 11.706,00; inoltre, nel caso concreto, la signora (Omissis) ha documentato spese affrontate per il contratto pari ad Euro 6.228,75 e spese utili di ristrutturazione dell’immobile pari ad Euro 5.250,00.
Anche con riferimento a queste ultime due voci di spesa l’acquirente ha, quindi, diritto alla restituzione di un terzo, relativo al bene non trasferito, pari a Euro 3.826,25.
Alla restituzione delle sopraindicate somme, devono materialmente provvedere i fratelli (Omissis) nei confronti della signora (Omissis); infatti, il debitore che per adempiere alla prestazione (in questo caso in materia di trasferimento della proprietà) si avvale dell’opera di terzi risponde dei fatti
dolosi o colposi di costoro, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti per il risarcimento del danno procurato danno dalla loro condotta negligente.
Correttamente a questo proposito il Giudice di prime cure ha statuito che (…) non si ritiene costituisca effettiva voce di danno risarcibile per i signori (Omissis) quella rappresentata dalla quota di prezzo da restituire alla signora (Omissis). Invero, vendendo un bene non di loro proprietà, i convenuti hanno indebitamente incrementato il proprio patrimonio, incassando il relativo prezzo senza perdere la proprietà del bene che – in realtà – intendevano cedere, ossia i locali ad uso abitazione siti nella diversa ala del caseggiato; pertanto, la restituzione di quel prezzo non costituisce un decremento del patrimonio, bensì ne ristabilisce l’entità originaria eliminando un indebito arricchimento.
Il risarcimento, infatti, ha la funzione di reintegrare il patrimonio del danneggiato che abbia subito una perdita, mentre nel caso di specie la restituzione di quella somma non costituisce per i sig.ri (Omissis) una vera perdita.”
Quindi, la somma di Euro 11.706,00 quale prezzo pagato per l’immobile poi non trasferito deve essere restituito dai (Omissis) a titolo di indebito, senza che essi possano rivalersi sui professionisti incaricati.
A carico dei (Omissis) deve essere posto anche il pagamento della somma di Euro 3.826,00 per spese utili sostenute dall’acquirente che, però, dovrà essere loro rifusa a titolo di risarcimento del danno dal Notaio (Omissis) e dal Geom. (Omissis) in solido, oltre agli accessori su tale somma come definiti in sentenza.
Erroneamente il primo Giudice, evidentemente per un errore materiale e nonostante la diversa previsione in parte motiva, ha indicato in dispositivo come voce di danno la somma di Euro 11.706,00 che costituisce indebito dei (Omissis) e non medesimi.
Peraltro, è sempre stato pacifico nelle allegazioni difensive dei convenuti in primo grado, signori (Omissis), il riconoscimento di doversi fare carico della restituzione del prezzo corrisposto per il subalterno non effettivamente venduto.
Il carico delle spese di lite.
Le spese di lite poste a carico dei due professionisti a favore dei fratelli (Omissis) sono dovute in quanto soccombenti rispetto alla posizione degli stessi.
E’ giustificato anche che il Notaio (Omissis) e il Geom. (Omissis) siano tenuti a manlevare i (Omissis) per l’importo che essi devono alla signora (Omissis) a titolo di spese di lite in quanto hanno dato causa con il loro errore professionale all’azione della (Omissis) e alla soccombenza dei (Omissis) nei suoi confronti.
L’ammontare delle spese di lite
L’entità delle spese di lite liquidate in prime cure è giustificata, dato che il primo Giudice non è andato oltre i massimi e le somme in concreto liquidate sono congrue con riguardo all’attività svolta.
La domanda riconvenzionale dei (Omissis)
I fratelli (Omissis), convenuti in primo grado, proponevano nel giudizio di prime cure la domanda riconvenzionale con la quale chiedevano la condanna del (Omissis) alla restituzione della parcella professionale percepita; il primo Giudice, in forza di tutte le argomentazioni sopra esposte, ha ritenuto che la somma andasse restituita e così ha disposto nella parte motiva della sentenza benché, anche qui per un errore materiale, abbia poi omesso di statuire sul punto in dispositivo. Gli appellati (Omissis) hanno riproposto in appello la domanda riconvenzionale per la restituzione della somma di Euro 847,77 quale compenso corrisposto al Geom. (Omissis).
La Corte condivide la valutazione del Giudice di prime cure sul punto e ritiene quindi che la riconvenzionale debba essere accolta.
Alla stregua delle considerazioni svolte, assorbenti di ogni ulteriore profilo, l’appello va parzialmente accolto e la sentenza parzialmente riformata nel senso di cui in motivazione. Le spese di lite dell’appello gravano sull’appellante principale Si. e sull’appellante incidentale (Omissis), per la soccombenza del tutto prevalente e sono liquidate come in dispositivo ex D.M. 20 luglio 2012 n. 140.
P.Q.M.
La Corte d’appello, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 9770/2008 del 08.07.2008, pubblicata in data 23.07.2008, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa o assorbita, in parziale riforma così decide:
– condanna (Omissis) e (Omissis), in solido fra loro, a rimborsare ai signori (Omissis) tutte le somme che gli stessi sono tenuti a pagare alla signora (Omissis) in forza della condanna di cui ai punti 2 e 3 della sentenza di primo grado, con esclusione della somma di Euro 11.706,00;
– condanna il Geom. (Omissis) a restituire ai fratelli (Omissis) la somma di Euro 847,77 ricevuta in pagamento della parcella professionale;
– conferma nel resto la sentenza gravata;
– condanna (Omissis) e (Omissis) in solido a rimborsare agli appellati (Omissis) e (Omissis) le spese di causa del grado liquidate ex D.M. 20 luglio 2012 n. 140 in complessi Euro 4.250,00 onnicomprensivi oltre I.V.A. e C.P.A. come per Legge.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio di questa Corte, oggi 4 dicembre 2013.
Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2014.