Cass. Civ., Sentenza 1 ottobre 2015 n. 19609
CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 1 ottobre 2015, n. 19609
Svolgimento del processo
1. Con ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, la V.A., premesso di aver rilasciato polizza fideiussoria in favore di B.L. a garanzia dell’IVA rimborsata al medesimo per l’anno 1998 ai sensi dell’art. 38-bis, comma primo, D.P.R. 633/72, impugnava la cartella di pagamento, con la quale l’ufficio di Reggio Emilia dell’Agenzia delle Entrate, stante l’insussistenza del credito oggetto di rimborso, aveva escusso la garanzia, chiedendo che ne fosse pronunciato l’annullamento per vizio intrinseco, nonché per carenza di titolo, per decadenza dall’azione accertatrice e per intervenuta definizione della lite, concernente un pregresso avviso di accertamento notificato alla parte, ai sensi dell’art. 16 l. 289/02.
Avverso la sentenza del giudice reggiano — che aveva rilevato ed aveva perciò dichiarato in materia il difetto di giurisdizione del giudice tributario, ricusando altresì la legittimazione processuale del soggetto che aveva rappresentato nel giudizio avanti a sé la compagnia – interponeva appello quest’ultima avanti alla Sezione di Parma della CTR Emilia Romagna.
Il giudice d’appello, accogliendo il gravame, ha riconosciuto sussistente la giurisdizione del giudice adito, posto che essendo stata la pretesa trasfusa in una cartella di pagamento, “a fronte di un provvedimento consimile la ricorrente oggi appellante non aveva altra soluzione per contestarlo che il ricorso alla competente commissione tributaria, visto che il provvedimento rientra a pieno titolo nella elencazione tassativa degli atti impugnabili prevista dall’art. 19, 1° comma, del D.lg. 546/92, ove, come noto, alla lettera d) è previsto proprio il caso dell’impugnazione di fronte alla commissione tributaria provinciale della cartella di pagamento”.
Nel merito, richiamati brevemente gli antefatti di causa – e tra questi, segnatamente, che il contribuente, in relazione all’accertamento in precedenza notificatogli ed avente ad oggetto, tra l’altro, il disconoscimento del credito IVA, avesse promosso il condono previsto dall’art. 16 l. 289/02 – e ricordato inoltre che la polizza fideiussoria costituisce una garanzia accessoria rispetto al debito principale, ha ritenuto di poter affermare “che con la predetta sanatoria si è estinto il debito principale del B. e che a questo si è sostituito il nuovo debito consistente nel pagamento dei ratei di condono”, cori la conseguenza che, se si è perciò estinto il debito principale, “si è estinta anche la fideiussione prestata dalla V.A. s.p.a. quando ancora il debito principale sussisteva ponendosi quale garanzia accessoria del debito principale”. L’ufficio non era dunque più in condizione di recuperare la somma rimborsata escutendo la garanzia, “proprio perché essendo estinto il debito principale per effetto della sanatoria ai sensi della l. 289/02, con esso si è estinta anche la fideiussione”.
Per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia delle Entrate si affida a quattro motivi.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale portante due motivi di impugnazione, la parte.
Motivi della decisione
2.1. Con il primo motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 1 e n. 3, c.p.c., l’Agenzia ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2 e 19, comma 1, lett. d), D.lg. 546/92, risultando erronea l’affermazione operata dalla sentenza impugnata in punto di giurisdizione, poiché “la CTR si è fermata ad esaminare lo strumento utilizzato (la cartella di pagamento) ma non ha considerato che il credito nascente dalla garanzia fideiussoria non ha natura tributaria, ma è un credito civilistico nascente da un contratto – la polizza fideiussoria appunto – della quale l’Agenzia è soggetto beneficiario”.
2.2. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento, comportando la caducazione dell’impugnata sentenza per difetto della potestas iudicandi in capo al decidente, determina l’assorbimento tanto degli altri motivi di esso quanto dei due motivi del ricorso incidentale.
2.3. Sul filo di un consolidato insegnamento delle SS.UU. (2655/08; 4319/10; 25934/11, secondo cui “l’obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva – data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia – ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione”, questa Corte, sia a Sezioni Unite (10188/98) sia a sezioni semplici (8622/12) – ed in questo caso a mente, come qui, dell’art. 374, comma primo, secondo inciso, c.p.c. – ha reiteratamene affermato che “la polizza fideiussoria prevista dall’art. 38-bis d.P.R. n. 633 del 1972 al fine di consentire al contribuente il rimborso delle eccedenze IVA risultanti dalla dichiarazione annuale in forma accelerata (ossia senza preventivo riscontro della spettanza) e consistente nell’obbligo per la società di assicurazione di versare le somme richieste dall’ufficio IVA, a meno che non vi abbia già provveduto il contribuente, configura un contratto autonomo di garanzia che, diversamente dal modello tipico della fideiussione, è connotato dalla non accessorietà dell’obbligazione di garanzia rispetto all’obbligazione garantita; ne consegue che, nell’ipotesi in cui la società di assicurazione agisca per ripetere quanto versato deducendo in giudizio il rapporto nascente dalla polizza fideiussoria (diverso e autonomo rispetto a quello tributario), senza porre in discussione il debito del contribuente, … la relativa controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (e non a quella delle commissioni tributarie), avendo essa ad oggetto una situazione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo (ripetizione di indebito), basata su un rapporto negoziale di natura giusprivatistica e non incidente in alcun modo sul rapporto tributario”.
2.4. Né questo principio – che le SS.UU. hanno trovato da ultimo occasione di ribadire risolvendo il conflitto negativo di giurisdizione insorto tra giudice ordinario e giudice tributario, spogliatisi entrambi della cognizione relativa alla controversia promossa da una banca avverso la cartella di pagamento notificatale per l’escussione della garanzia di cui all’art. 38-bis D.P.R. 633/72 – si presta a ripensamenti alla luce del contrario argomento fatto valere dalla CTR (“a fronte di un provvedimento consimile la ricorrente oggi appellante non aveva altra soluzione per contestarlo che il ricorso alla competente commissione tributaria, visto che il provvedimento rientra a pieno titolo nella elencazione tassativa degli atti impugnabili prevista dall’art. 19, 1° comma, del D.lg. 546/92, ove, come noto, alla lettera d) è previsto proprio il caso dell’impugnazione di fronte alla commissione tributaria provinciale della cartella di pagamento”), poiché, anche a confutazione dell’analoga obiezione sollevata dalla parte (“del pari rispettato è il criterio degli atti impugnabili, trattandosi della impugnativa di una cartella esattoriale, che rientra espressamente nella elencazione … dell’art. 19 D.lg. 546/92”), è affermazione costante di questa Corte che “la giurisdizione si determina in base alla domanda” ovvero, più esattamente, in base al criterio delpetitum sostanziale che impone di guardare non tanto alla concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto alla causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (1767/11; 15323/10; 12378/08). Che è come dire che, essendo causa petendi dell’azione promossa dalla compagnia l’obbligazione fideiussoria, è in base alla garanzia prestata e non al debito garantito che si impone la devoluzione nella specie della controversia alla cognizione del giudice ordinario.
Rilievo, quest’ultimo, che porta pure a smentire le ulteriori deduzioni agitate in senso contrario dalla compagnia, dell’avviso che la giurisdizione del giudice tributario sarebbe argomentabile in ragione delle contestazioni sollevate (“è opportuno ancora precisare che le contestazioni sollevate … sono riferite alla nullità della cartella per vizio intrinseco …”) della ricorrenza nella specie dei criteri identificativi di essa (“si osservi inoltre come risultino rispettati i tre criteri che stanno alla base della determinazione della giurisdizione tributaria”) e dell’identità tra obbligazione di garanzia e obbligazione garantita (“il contenuto dell’obbligazione del igarante coincide con quella del contribuente che si identifica con il debito tributario”). Invero, se la giurisdizione si determina in base alla domanda – e non in base al tipo di atto impugnato, i cui vizi potranno essere ben conosciuti dal giudice che ha giurisdizione sulla domanda – la richiamata giurisprudenza di questa Corte ha più volte riaffermato l’autonomia tra l’obbligazione di garanzia e l’obbligazione garantita, in nome della quale la natura di quest’ultima non si comunica alla prima che resta perciò soggetta alla cognizione del giudice ordinario in quanto espressione di una pretesa puramente privatistica.
3. Va dunque accolto il primo motivo di ricorso e l’impugnata sentenza va conseguentemente cassata con statuizione ai sensi dell’art. 382, comma primo, c.p.c. della giurisdizione del giudice ordinario.
4. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti e quelli del ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza e dichiara sulla materia oggetto del ricorso introduttivo la giurisdizione del giudice ordinario. Condanna parte intimata al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 7500,00= oltre spese prenotate a debito ed accessori.