Corte di Cassazione

29 Aprile 2019

Cass. Civ., sentenza 10 febbraio 2016 n. 2616

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 febbraio 2016, n. 2616

Fatto

P.R. ha impugnato l’avviso di liquidazione col quale l’Agenzia delle entrate ha revocato le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, accordategli all’atto della tassazione della compravendita del 13 novembre 2003, a causa dell’omesso trasferimento della propria residenza, nel termine perentorio di diciotto mesi stabilito dal legislatore, della propria residenza nel Comune dove si trova l’immobile acquistato.

La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha respinto l’appello dell’ufficio, facendo leva sulla forza maggiore ostativa all’adempimento dell’obbligo di trasferimento, determinata dal sopravvenuto fallimento, risalente al 2004, della società costruttrice dell’immobile, che ha ostacolato il corso delle procedure amministrative funzionali al cambiamento della residenza.

Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, illustrati con memoria, cui il contribuente replica con controricorso.

Il giudizio proviene da adunanza camerale, in esito alla quale è stato rinviato per la trattazione in udienza pubblica.

Diritto

1. – Con i due motivi di ricorso, entrambi proposti ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., da esaminare congiuntamente, perché connessi, l’Agenzia lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, nota II- bis, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 33, comma 12, della l. 23 dicembre 2000, n. 388, là dove il giudice d’appello ha riconosciuto rilevanza all’inimputabilità al contribuente del mancato trasferimento della residenza nel termine previsto dalla legge (primo motivo), nonché là dove ha trascurato che soltanto l’impossibilità non imputabile di reperire modalità alternative di fissazione della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile oggetto della compravendita può giustificare l’inosservanza dell’obbligo di trasferimento (secondo motivo).

2. – Il testo normativo all’uopo applicabile è icastico.

L’art. 1, nota lI-bis della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo applicabile all’epoca dei fatti, dispone che, «ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 3 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni: a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività…».

2.1. – Non si dubita della natura cogente di tale termine.

Un consistente orientamento della giurisprudenza di questa sezione ammette la configurabilità di esimenti dal rispetto di esso, che identifica con la forza maggiore o col factum principis e di cui conosce una variegata casistica (vedi, in particolare, Cass. 23 dicembre 2015, n. 25881 e 25880; 12 marzo 2015, n. 5015; 10 marzo 2015, n. 4800; 11 giugno 2014, n. 13177; 26 marzo 2014, n. 7067; 7 giugno 2013, n. 14399; da ultimo, sulla configurabilità della forza maggiore, ord. 19 gennaio 2016, n. 864 e 21 gennaio 2016, n. 1494).

A fondamento dell’indirizzo v’è la configurazione dell’impegno di trasferire la residenza come un obbligo del contribuente nei confronti del fisco, l’adempimento del quale può risentire di ostacoli, destinati ad acquisire effetto esimente se contrassegnati dalla non imputabilità alla parte obbligata, dall’inevitabilità e dall’imprevedibilità.

Estraneo al tema, benché contiguo, è l’orientamento secondo il quale il beneficio in questione spetta a coloro che, pur avendone formulata tempestiva e rituale richiesta, non siano riusciti in tempo ad ottenere il trasferimento della residenza per lungaggini burocratiche. Ciò in quanto l’unicità del procedimento amministrativo di mutamento dell’iscrizione anagrafica, sancita anche dall’art. 18, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (contenente il regolamento anagrafico della popolazione residente), nell’affermare la necessità della saldatura temporale tra cancellazione dall’anagrafe del Comune di precedente iscrizione ed iscrizione in quella del comune di nuova residenza, ancora la decorrenza alla dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel Comune di nuova residenza (Cass., ord. 16 settembre 2015, n. 18187; ord. 18 gennaio 2015, n. 110).

2.2. – La costruzione che accredita, invece, la rilevanza della forza maggiore sul corso del termine fissato per il trasferimento di residenza non è adeguata alla fattispecie.

Il conseguimento dell’agevolazione fiscale, o, meglio, la conservazione di essa non scaturisce dall’adempimento di un obbligo del contribuente nei confronti del fisco, in quanto il fisco non è affatto titolare di una corrispondente e correlata situazione di diritto soggettivo.

È il contribuente ad essere titolare di una situazione giuridica attiva, che è il potere di produrre, mediante l’attività in questione (cioè il trasferimento di residenza), che assume la configurazione di onere, l’impedimento di un effetto giuridico svantaggioso, ossia il venir meno del presupposto dell’agevolazione. Al cospetto di tale potere, il fisco non può che subirne l’esercizio, né dovrà cooperare, come avviene allorquando si realizzano diritti, quando la controparte si trova in una situazione di dovere.

2.3. – Quando l’ordinamento, come nel caso in esame, limita nel tempo la possibilità del soggetto di produrre un effetto giuridico a sé favorevole, o d’impedirne uno a sé sfavorevole, mediante l’esercizio di un potere, la mancata produzione dell’effetto scaturente dal mancato compimento dell’atto entro il termine fissato si presenta come estinzione del potere, ossia come decadenza.

La decadenza ha dimensione oggettiva: il potere, avendo l’atto come forma di esercizio, non può che esercitarsi in un momento puntuale di tempo. È la regola espressa dall’art. 2966 c.c., secondo cui «la decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto».

Con la previsione del termine, il legislatore fissa il momento oltre il quale l’interesse del titolare del potere di esercitarlo nel tempo prefissato non può più prevalere sui contrapposti interessi, pubblici o privati, in base all’esigenza che la possibilità di modificazione giuridica sia limitata nel tempo per garantire la certezza nel trattamento delle situazioni. A presidiare quest’esigenza è posto l’art. 2964 c.c., il quale esclude, al cospetto della fissazione di un termine di decadenza, l’applicabilità delle norme relative all’interruzione della prescrizione nonché, salva diversa previsione, di quelle che si riferiscono alla sospensione (sull’applicabilità di questa regola e sulla sua cogenza giustappunto in tema di revoca delle agevolazioni in questione, sia pure con riguardo al regime previgente, vedi, in motivazione, Cass., sez.un., 21 novembre 2000, n. 1196; più in generale, 11 febbraio 2010, n. 3078 e 10 gennaio 2007, n. 1090).

2.4. – Se, dunque, il legislatore può riconoscere e in taluni casi riconosce rilevanza ad impedimenti di fatto non imputabili al titolare, ammettendo che essi sospendano il decorso del termine, tanto fa ricollegando la decorrenza del termine non già al momento in cui il potere sorge, bensì a quello, successivo, in cui il titolare ne prende conoscenza (si vedano le cause di sospensione per fatti bellici e calamità naturali, l’ipotesi contemplata dall’art. 61, comma 1, del r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669 sulla cambiale e sul vaglia cambiario e la disposizione omologa dell’art. 53, comma 1, del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 sugli assegni, bancario e circolare nonché la rassegna in Cass., sez.un., 16 giugno 2014, n. 13676).

È così risolto il principale fra gli ostacoli di fatto all’esercizio del potere, ossia l’ignoranza della situazione giuridicamente rilevante.

Nessuna rilevanza sul decorso del termine, di contro, è riconosciuta dal legislatore nel settore in questione (diversamente da quanto previsto, in via d’esempio, dall’art. 20 l. 2 luglio 1949, n. 408, sulla portata del quale si vedano, fra varie, Cass. 21 luglio 2000, n. 9602; 15 marzo 1990, n. 2110 e 30 marzo 1983, n. 2300), né può esserlo in via pretoria, agli impedimenti che siano, come nel caso in esame, sopravvenuti.

3. – Sotto il profilo della ratio propria della norma tributaria, va aggiunto, per un verso, che la funzione antielusiva della norma agevolativa comporta che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, certificativo della situazione di fatto enunciata nell’atto di acquisto; per altro verso, l’applicazione dell’ordinario regime tributario nell’ipotesi del venir meno della finalità abitativa che abbia giustificato il godimento delle agevolazioni per la prima casa non ha natura sanzionatoria di una condotta dell’acquirente dell’immobile, solo rispetto alla quale potrebbe assumere significato la forza maggiore, ma consegue alla sopravvenuta mancanza di causa del beneficio invocato all’atto della registrazione dell’acquisto (Cass. 3 marzo 2010, n. 5139; 20 febbraio 2003, n. 2552).

Affermazione, quest’ultima, coerente con l’orientamento secondo cui la decadenza, correlata al mero decorso del tempo, prescinde da qualsivoglia finalità sanzionatoria (arg. ex Cass., sez.un., 13676/14).

4. – In definitiva, non è configurarle esimente dal rispetto del termine perentorio di diciotto mesi fissato, a pena di decadenza, dal legislatore per il trasferimento di residenza, ai fini della conservazione dell’agevolazione fiscale fruita al momento della tassazione del contratto di compravendita della prima casa.

Il che determina l’irrilevanza, pure in tesi, dell’impedimento di fatto rappresentato dal contribuente.

5. – Il ricorso va in conseguenza accolto, la sentenza cassata e, non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta e l’enunciazione del seguente principio di diritto:

“Qualora sia riconosciuta all’acquirente l’agevolazione prima casa, a condizione che egli stabilisca la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l’immobile acquistato nei diciotto mesi successivi all’acquisto, il trasferimento è onere che conforma un potere dell’acquirente e che va esercitato nel suindicato termine a pena di decadenza, sul decorso della quale nessuna rilevanza va riconosciuta ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili all’acquirente”.

Le oscillazioni della giurisprudenza comportano, peraltro, la compensazione di tutte le voci di spesa.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione originariamente proposta. Compensa tutte le voci di spesa.

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