Corte di Cassazione

30 Aprile 2019

Cass. Civ., Sentenza 16 febbraio 2015, n. 3022

Cassazione Civile, Sentenza n. 3022 del 16 febbraio 2015

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 12.2.03, G. G., socio illimitatamente responsabile della G. Costruzioni di G. geom. F. & C. s.n.c., aveva convenuto in giudizio la Banca Popolare di Sondrio esponendo di essersi costituito terzo datore di ipoteca a garanzia di un finanziamento di lire 250.000.000 concesso dal menzionato ente creditizio alla predetta società; la quale, in epoca successiva, aveva richiesto l’ammissione al concordato preventivo, regolarmente omologato con sentenza del Tribunale di Sondrio del 29/08/1996 e completamente eseguito, cosi come risultava dal decreto dello stesso Tribunale del 16/10/2002.

A seguito dell’esecuzione del concordato, l’attore – avendo reiteratamente ed inutilmente richiesto alla banca, ex art. 184 l.f., la cancellazione dell’ipoteca a suo tempo iscritta sui propri beni a garanzia del finanziamento concesso alla società – chiedeva l’accertamento dell’avvenuta concessione volontaria dell’ipoteca su propri beni a garanzia di un debito sociale, l’accertamento dell’estensione dell’efficacia remissoria del concordato preventivo della G. Costruzioni s.n.c. a favore di esso socio illimitatamente responsabile, con conseguente estinzione di ogni rapporto sostanziale sulla base del quale era stata concessa la garanzia ipotecaria e la declaratoria dell’estinzione dell’ipoteca in conseguenza del venir meno dell’obbligazione garantita.

L’attore chiedeva, infine, che la Banca di Popolare di Sondrio fosse ritenuta inadempiente all’obbligo di prestare il consenso alla cancellazione del vincolo e la pronuncia di una sentenza che disponesse la cancellazione dell’ipoteca, con conseguente condanna della convenuta al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa. Costituitasi in giudizio, la Banca Popolare Sondrio eccepiva che il credito dell’attore era privilegiato e non chirografario c che il preteso effetto remissorio aveva effetti unicamente sulla responsabilità personale del socio, ma non anche sulla garanzia reale da questi prestata quale terzo datore di ipoteca.

Con sentenza del 27 maggio 2004, il Tribunale di Sondrio rigettava la domanda attorea aderendo alla prospettazione difensiva della banca. La sentenza veniva tempestivamente impugnata dal G., il quale ne contestava l’erroneità nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto che l’ipoteca fosse stata concessa a titolo personale e non nella qualità di socio illimitatamente responsabile. Inoltre, secondo la prospettazione dell’appellante, si sarebbe dovuto applicare al caso di specie l’art. 184 l.f., con la conseguente estinzione dell’ipoteca per estinzione (per effetto del concordato preventivo) del debito garantito.

Con sentenza del 09/11/2006, la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado, così come richiesto dalla banca appellata, osservando che l’efficacia remissoria del concordato preventivo interessava la posizione del socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni della società, ma non poteva estendersi fino a ricomprendere la garanzia ipotecaria concessa a titolo personale e con beni non ricompresi nella procedura di concordato preventivo. Conseguentemente, per la parte di credito non coperta dalla percentuale concordataria, la banca conservava la garanzia ipotecaria concessa dall’attore su propri beni immobili e legittimamente opponeva il rifiuto a prestare il consenso alla cancellazione della trascrizione dell’ipoteca. Aggiungeva, inoltre, che il socio illimitatamente responsabile «si poneva in ogni caso in rapporto di terzietà nei confronti della società, in ragione dell’autonoma personalità giuridica di quest’ultima e della sua autonomia patrimoniale.» e che quella del socio non «era solo un obbligazione sociale, ma anche, quanto meno sussidiariamente, obbligazione propria.».

Sotto altro profilo, osservava la Corte d’Appello che il concordato preventivo prevedeva il pagamento integrale dei creditori privilegiati e il pagamento percentuale dei creditori chirografari. Il credito della banca era chirografario nei confronti della società e privilegiato nei confronti del G.. Se, quindi, gli effetti del concordato preventivo si estendevano anche ai soci illimitatamente responsabili, non poteva dubitarsi che l’appellante avrebbe dovuto pagare integralmente il proprio credito nei confronti della banca, trattandosi di credito garantito da ipoteca.

Infine, veniva evidenziato che il debito del socio illimitatamente responsabile era non solo un debito della società, ma anche un debito proprio del socio, che rispondeva senza limiti, sia pure sussidiariamente, dei debiti sociali. Conseguentemente il G., che non poteva accedere personalmente alla procedura di concordato preventivo, doveva necessariamente rispondere del debito ipotecariamente garantito, quanto meno per la parte eccedente la percentuale concordataria, nel rispetto della funzione assolta dall’ipoteca richiesta dalla banca, la quale aveva inteso tutelare il

proprio credito con una garanzia ulteriore e diversa da quella rappresentata dal patrimonio della società , cui era destinato il finanziamento concesso, e dei soci illimitatamente responsabili. Avverso la sentenza di appello G. G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

Costituitasi in giudizio, la Banca Popolare di Sondrio ha contestato la fondatezza del ricorso del G. affermando, in buona sostanza, che, se è vero che l’art. 184 l.f. estende gli effetti del concordato della società in nome collettivo ai soci illimitatamente responsabili, è altrettanto vero che questi ultimi sono tenuti al pagamento integrale del debito privilegiato, sia perché si tratta di un’obbligazione propria del datore di ipoteca, sia perché il socio è direttamente, personalmente ed immediatamente responsabile per i debiti sociali, operando il beneficium excussionis solo in sede esecutiva (Cass., Sez. 1, 6 novembre 2006, n. 23669, Rv. 593103). Secondo l’ente creditizio il socio e la società sono centri di imputazione giuridica e patrimoniale differenti, cosicché il credito nei confronti del socio, privilegiato, non può venire meno con l’estinzione del credito, chirografario, nei confronti della società.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

All’esito dell’udienza pubblica del 03/12/2013 in data 20/01/2014, è stata pronunciata ordinanza interlocutoria n. 3163 del 12/02/2014 con la quale rilevata l’esistenza di un contrasto tra diverse sentenze di questa Corte , in ordine alla questione se il socio costituitosi fideiussore della società debba considerarsi un terzo che presta garanzia per una obbligazione altrui oppure come socio illimitatamente responsabile garantisca una propria obbligazione nonché in relazione alla novità della questione relativa alla posizione del socio terzo datore di ipoteca , ha disposto , ai sensi dell’art. 374 c.p.c., la rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite.

A seguito di conforme provvedimento del Primo Presidente, la causa veniva discussa alla odierna udienza . All’esito della discussione il ricorrente depositava note d’udienza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 184, co. I c 2,l.f.(nella versione anteriore alla modifica introdotta dall’art. 33 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., assumendo che la norma richiamata detta una disciplina di generale ed incondizionata obbligatorietà del concordato preventivo per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura ed estende i suoi effetti, tra cui quello remissorio ed esdebitatorio non solo al debitore, ma anche, nel caso in cui il debitore sia una società con soci illimitatamente responsabili, a questi ultimi, senza eccezioni di sorta che non siano quelle previste dal secondo periodo del prima comma del medesimo art. 184 (coobbligati, fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso). In tal caso, l’ipoteca prestata da un socio ad una società in nome collettivo a garanzia dei debiti della società si estinguerebbe con l’attuazione e la chiusura del concordato preventivo.

Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 2878, n.3 , c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., affermando che, con il prevedere che l’ipoteca viene meno con l’estinguersi dell’obbligazione, la legge configura la garanzia come un diritto reale accessorio all’obbligazione che garantisce e non come un’obbligazione autonoma, dotata di vita propria e indipendente rispetto al rapporto obbligatorio cui inerisce.

I primi due motivi, tra loro connessi possono essere esaminati congiuntamente.

Va premesso che il concordato preventivo dal quale sono originate le questioni oggetto della presente causa è stato omologato con sentenza del tribunale di Sondrio il 29.8.1996 e completamente eseguito, come accertato da decreto del medesimo tribunale del 16.10.02.

Da ciò discende che nel caso di specie trova applicazione la normativa della legge fallimentare anteriore alla emanazione del d.lgs n. 5 del 2006 e successive modifiche.

La presente decisione resta quindi circoscritta nell’ambito della precedente normativa concordataria senza che possa venire in esame la nuova disciplina , che ,come è noto , ha introdotto rilevanti novità in materia di concordato preventivo.

La prima questione che si pone è quella se la disciplina dell’art 184, comma primo, ultima parte l.f. ,che , analogamente a quanto previsto dall’art 135,comma secondo, l.f per il concordato fallimentare, prescrive che l5effetto esdebitatorio del concordato preventivo non esplica i suoi effetti nei confronti dei coobbligati ,dei fideiussori e degli obbligati di regresso non prendendo in considerazione in alcun modo i terzi datori d’ipoteca, sia applicabile anche a questi ultimi quantunque non esplicitamente contemplati dalla norma in esame.

A tale proposito è il caso di rammentare che, anche a volere ritenere l’art 184 ,comma primo, ultima parte l.f. una norma di carattere eccezionale ,la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che nei confronti delle norme di carattere eccezionale è preclusa l’interpretazione analogica, non anche quella estensiva, la quale si limita a ricondurre, sotto la norma interpretata, quei casi che solo apparentemente ne sembrano esclusi, ma che in realtà il legislatore, stando all’obiettiva ratio della norma medesima, ha inteso ricomprendervi.(Cass 788/53; Cass 2004/76).

Invero proprio quest’ultimo caso sembra essere quello applicabile alla fattispecie in esame.

Va premesso a tale proposito che l’atto costitutivo d’ipoteca si configura ordinariamente come negozio unilaterale, potendo constare anche della sola volontà del concedente, senza che vi sia bisogno, per la nascita del vincolo, dell’accettazione del creditore, la quale fa invece assumere al negozio struttura contrattuale, come risultante di un accordo bilaterale tra concedente e beneficiario; in ogni caso, il rapporto che ne deriva intercorre esclusivamente tra il creditore ed il datore d’ipoteca, ed il debitore ne è parte esclusivamente nell’ipotesi in cui abbia concesso ipoteca su un bene che gli appartiene, mentre vi rimane estraneo nell’ipotesi in cui l’ipoteca sia stata data da un terzo, benché il rapporto si richiami all’obbligazione principale e sia stato costituito con riferimento alla sua persona. ( Cass 19963/05).

Ciò posto, va osservato che la ratio che è alla base dell’art 184, comma primo ,ultima parte l.f, ( così come dell’art 135 comma secondo l.f.) è quella che i rapporti contrattuali stipulati dai creditori della società con soggetti terzi estranei alla società che comportano obbligazioni a carico di questi ultimi restano al di fuori del concordato e dei suoi effetti.

Tale ratio necessariamente ricomprende non solo rapporti obbligatori a carattere personale ma anche quelli a carattere reale come quelli derivanti dalla concessione di ipoteca o pegno o in alcuni casi di privilegio.

Va, infatti ulteriormente osservato che, come i rapporti obbligatori a carattere personale, ed in particolare la fideiussione, che costituisce una garanzia personale, si estinguono per effetto dell’ adempimento dell’obbligazione principale così come analogamente la garanzia reale si estingue per effetto del pagamento del debito garantito. In tal senso l’esclusione dell’effetto esdebitatorio del concordato opera in modo identico sia per i rapporti di coobbligazione e le garanzie personali che per le garanzie reali, e non vi è quindi ragione di una esclusione di queste ultime dal perimetro normativo dell’art. 184, comma primo, ultima parte l.f.

Quanto fin qui detto si riferisce in generale al terzo datore di ipoteca in quanto tale.

La questione peraltro presenta aspetti peculiari nel caso in cui il prestatore di ipoteca sia il socio di una società di persone. Quest’ultimo infatti, in quanto illimitatamente responsabile, e quindi coobbligato della società, non può considerarsi terzo rispetto ad essa. A tale proposito è noto l’orientamento assunto a partire dalla sentenza 24 agosto 1989, n. 3749 di queste Sezioni Unite,recentemente ribadito da Cass., n. 29863/11 e da cui il Collegio ,in relazione alla normativa applicabile al caso di specie ratione temporis, ritiene di non doversi discostare, secondo cui l’art. 184, co. 2, l.f., ai sensi del quale il concordato di società, salvo patto contrario, ha efficacia esdebitatoria nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, relativamente ai debiti sociali, opera anche quando, per tali debiti, i soci abbiano prestato fideiussione, in ragione del fatto che il comma primo di detto articolo, nello stabilire che i creditori, soggetti alla obbligatorietà del concordato, conservano impregiudicati i diritti contra i fideiussori (nonché i coobbligati e gli obbligati in via di regresso), si riferisce ai terzi diversi dai soci, trovando titolo la responsabilità di questi ultimi (nel concordato come nel fallimento) proprio nella loro qualità di soci, in via assorbente rispetto ad eventuali diverse fonti di responsabilità per i medesimi debiti sociali (in senso analogo si veda anche Cass., Sez. 1, sentenza I marzo 1999, n. 1688).

Ciò posto , occorre quindi valutare se ed in quale misura permanga nel caso di concordato preventivo la garanzia ipotecaria prestata dal socio in favore della società di persone .

Per esaminare siffatta questione appare opportuno prendere le mosse dall’esame del trattamento che compete nel fallimento all’ipoteca rilasciata dal socio illimitatamente responsabile.

Sul punto si rinviene un concorde orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui nel fallimento della società che si estende ai soci illimitatamente responsabili, il creditore del socio che ha prestato ipoteca è ammesso al passivo di questi in via ipotecaria ed in via chirografaria al passivo della società.

La illimitata responsabilità del socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali, ai sensi dell’art. 2313 cod. civ., trae infatti origine dalla sua qualità di socio e si configura pertanto come personale e diretta, anche se con carattere di sussidiarietà in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale, in sede di esecuzione individuale. Il socio illimitatamente responsabile non può, quindi, essere considerato terzo rispetto all’obbligazione sociale, ma debitore al pari della società per il solo fatto di essere socio tenuto a rispondere senza limitazioni. Tale situazione di identità debitoria emerge con evidenza in sede fallimentare, ove il fallimento della società di persone produce con effetto automatico, ai sensi dell’art. 147 l. fall., il fallimento dei soci illimitatamente responsabili e il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l’intero anche nel fallimento dei singoli soci (art. 148, comma terzo, l. fall.). Alla stregua di tali postulati, l’atto con cui il socio accomandatario rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può essere considerato costitutivo di garanzia per un’obbligazione altrui, ma va qualificato quale atto di costituzione di garanzia per una obbligazione propria con la conseguenza che il creditore che, in relazione a un credito verso la società, in seguito fallita, sia titolare di garanzia ipotecaria prestata dal socio accomandatario, ha diritto di insinuarsi in via ipotecaria nel passivo del fallimento di quest’ultimo, assumendo egli la veste di creditore ipotecario del fallito, non già di mero titolare d’ipoteca rilasciata dal fallito quale terzo garante di un debito altrui. (Cass 23669/06; Cass 18312/07).

La ratio alla base di tali decisioni è ovviamente quella che il fallimento della società di persone , con soci quindi illimitatamente responsabili, comporta il fallimento anche di questi ultimi per cui si vengono a creare distinte masse fallimentari e ,cioè, quella del fallimento della società e quelle dei fallimenti dei singoli soci.

I creditori sociali hanno conseguentemente diritto ad insinuarsi nella masse fallimentari dei singoli soci ,mentre i creditori di questi ultimi possono insinuarsi solo nella passa passiva del fallimento del socio di cui sono creditori.

Nel caso dunque di ipoteca prestata dal socio illimitatamente responsabile deve ritenersi che il creditore della società debba insinuarsi al passivo di quest’ultima in via chirografaria mentre va ammesso in via ipotecaria al passivo del fallimento del socio prestatore di ipoteca in quanto il bene assoggettato alla detta garanzia si trova nella massa attiva di tale fallimento ( Cass 196/78; Cass 10461/94).

La problematica circa la sorte della ipoteca concessa dal socio illimitatamente responsabile testé descritta in relazione al fallimento si pone in termini diversi in caso di concordato preventivo.

Come è noto , quest’ultimo è applicabile solo alla società e non ai soci che, ai sensi dell’art 184 l.f, sono però esdebitati , salvo patto contrario, per i debiti sociali facenti capo anche ad essi, ma non ovviamente per i debiti personali.

La giurisprudenza di questa Corte ha sul punto più volte ribadito che la disposizione contenuta nell’art. 184,comma 2°, legge fall., che estende ai soci illimitatamente responsabili di società di persone l’efficacia remissoria del concordato preventivo, si riferisce ai debiti sociali, nel senso che il pagamento della percentuale concordataria ha effetto liberatorio anche nei loro confronti, senza con ciò determinare l’estensione della procedura al patrimonio dei soci, che resta estraneo ad essa.(Cass 11343/01; Cass 7273/10).

Da qui sorge un duplice ordine di problemi. Il primo riguarda se il creditore della società garantito da ipoteca rilasciata dal socio abbia diritto al soddisfacimento integrale del proprio credito in sede concordataria e, in caso di risposta negativa, se il solo soddisfacimento in misura falcidiata in sede di esecuzione concordataria del proprio credito comporti l’estinzione della ipoteca nei confronti del socio ai sensi dell’art 184 l.f..

Per quanto concerne la prima questione , va rilevato che l’articolo 177 l.f, nella versione applicabile ratione temporis antecedente al decreto legislativo n. 5 del 2006, ai fini della determinazione della maggioranze nel concordato prevede che ” i creditori che hanno diritto di prelazione sui beni del debitore non partecipano al voto a meno che non rinuncino al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale purché non sia inferiore alla terza parte dell’intero credito tra capitale ed accessori

Da tale norma è stato desunto, sia pure in riferimento al concordato preventivo con cessione dei beni , che ai creditori ipotecari deve essere assicurato il pagamento integrale dei loro crediti, indipendentemente dal grado dell’ipoteca e dalla conseguente possibilità concreta di trovare capienza sul ricavato del bene ipotecato.(Cass 3936/69).

Tale principio del resto è identico a quello affermato in tema di concordato fallimentare secondo cui l’integrale e non dilazionato soddisfacimento dei creditori privilegiati è condizione per l’ammissione del fallito al concordato, come si evince dal combinato disposto degli artt 124 e 127 della legge fallimentare, i quali prevedono un pagamento in percentuale e differito per i soli crediti chirografari, ed escludono dal procedimento di approvazione della proposta di concordato i creditori muniti di privilegio. (Cass 2793/76).

La ragione di tale esclusione è costituita dal fatto che in sede di votazione il creditore ipotecario , essendogli comunque assicurato il pagamento integrale del proprio credito, ha tutto l’interesse alla approvazione della procedura potendo contare su una più rapida e più sicura soddisfazione delle proprie ragioni. Da ciò consegue che, se si consentisse al predetto creditore di partecipare alle votazioni, potrebbe crearsi una alterazione delle maggioranze a danno dei creditori chirografari che potrebbero invece valutare in modo negativo la percentuale di falcidia dei propri crediti.

Se questa è la ragione della disposizione dell’art 177 l.f., dovrebbe in via teorica ritenersi che il divieto di partecipare alla votazione in assenza di rinuncia al privilegio dovrebbe estendersi a qualunque creditore ipotecario a prescindere se l’ipoteca sia stata prestata dal debitore o da un terzo.

A tale interpretazione sembra tuttavia ostare il citato articolo 177 l.f. laddove specificatamente afferma l’obbligo di rinuncia al voto per i soli creditori che abbiano “prelazione sui beni del debitore”.

Va qui per inciso osservato che la norma in questione è stata sostanzialmente modificata dal d.lgs 5 / 2006 e dalla ulteriore novella del 2007 per cui , come già osservato, trova applicazione solo nelle fattispecie come la presente, anteriori alla riforma del 2006-2007. Attualmente, infatti, l’articolo 160 ,ultimo comma, l.f prevede che la proposta di concordato possa prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca non siano soddisfatti integralmente purché venga comunque garantita loro una soddisfazione minima ancorata a certi criteri. A sua volta, l’articolo 177 l.f., anch’esso modificato, prevede per i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca l’obbligo di rinunciare alla prelazione in tutto od in parte se intendono partecipare al voto.

Entrambe le norme in esame non prevedono che la prelazione debba essere sui soli beni del debitore.

Le intervenute modifiche possono portare sostegno a quella interpretazione dell’art 177 l.f antecedente alla novellazione, che, quanto meno in riferimento alle società di persone, ha sostenuto che le prelazioni prestate dai soci illimitatamente responsabili comportano che i titolari garantiti da esse possano richiedere in sede di concordato l’integrale soddisfazione dei propri crediti.

Occorre infatti considerare che l’art 177 l.f. ,nel vecchio testo, faceva evidentemente riferimento alla ipotesi di concordato di un imprenditore individuale ( persona fisica o società) e non già a quella peculiare di un imprenditore costituito in forma di società di persone con la presenza di soci illimitatamente responsabili.

Se così è, occorre valutare se sia sostenibile una interpretazione estensiva dell’art 177 l.f. che porti a ricomprendere anche i crediti muniti di prelazione sui beni dei soci illimitatamente responsabili.

A tale proposito è il caso di rammentare che, come già in precedenza detto, anche a volere ritenere che l’art 177 l.f. sia una norma di carattere eccezionale, è pur sempre possibile un’interpretazione estensiva la quale riconduca sotto la norma interpretata quei casi che solo apparentemente ne sembrano esclusi, ma che in realtà il legislatore, stando all’obiettiva ratio della norma medesima, ha inteso ricomprendervi.(Cass 788/53; Cass 2004/76).

Una prima ragione di carattere sistemico, che induce a ritenere che l’art 177 l.f preveda in sé anche l’ipotesi che i creditori della società di persone in concordato preventivo muniti di ipoteca rilasciata dai soci illimitatamente responsabili abbiano titolo ad ottenere il pagamento integrale del proprio credito, è costituita proprio dalla necessità di un trattamento uniforme rispetto al fallimento.

Come in precedenza detto, in caso di fallimento l’atto con cui il socio accomandatario rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può essere considerato costitutivo di garanzia per un’obbligazione altrui, non potendo considerarsi estraneo all’obbligazione sociale , ma debitore, al pari della società ,per il solo fatto di essere socio è tenuto a rispondere senza limitazioni .Ne consegue che la dazione di ipoteca va qualificata quale atto di costituzione di garanzia per una obbligazione propria per cui il credito va insinuato passivo della società in chirografo ed in quello del socio in via ipotecaria.

Da ciò discende che il creditore rimane assistito in caso di fallimento dalla garanzia ipotecaria che gli assicura il pagamento integrale del proprio credito nei limiti ovviamente di quanto recuperato all’esito della vendita del bene gravato d’ipoteca rinvenuto nella massa attiva del socio. Peraltro, il socio può effettuare il regresso nei confronti degli altri soci rispetto a quanto pagato in più rispetto alla propria quota di coobbligato secondo quanto previsto dall’art 148 l.f; la conseguenza di ciò è che comunque il debito della società garantito da ipoteca rilasciata da un socio viene ripartito tra tutti i soci. Costituirebbe pertanto una ingiustificata disparità di trattamento se, al contrario , nel caso di concordato preventivo, che ha tra le sue finalità quello di assicurare ai creditori un trattamento se non migliore, quanto meno pari rispetto a quello ricavabile in caso di fallimento, si determinasse una situazione deteriore rispetto a quest’ultimo per i creditori garantiti da ipoteca rilasciata dal socio . Infatti, pur tenendo conto delle diversità tra le due procedure concorsuali , non sarebbe giustificata una differenza sostanziale di disciplina riguardo alle posizioni dei creditori e, in particolare, per quanto concerne il socio prestatore di ipoteca , basandosi entrambe le procedure sul presupposto della insolvenza dell’imprenditore commerciale e sulla finalità di assicurare la soddisfazione delle ragioni creditorie dei creditori nella miglior misura possibile In tale contesto va rimarcato che la posizione del socio di società di persone che abbia prestato ipoteca a garanzia di un debito della società assume una posizione del tutto particolare. Come già in precedenza detto, il socio presta garanzia per un debito sociale, ma al tempo stesso ,in quanto illimitatamente responsabile, anche per un debito proprio.

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali dianzi rammentati va ribadito quanto più volte già affermato da questa Corte e, cioè, che il socio illimitatamente responsabile risponde con il proprio patrimonio di debiti che non possono dirsi a lui estranei poiché derivano dall’esercizio dell’attività comune, al cui svolgimento, data l’assenza di un’organizzazione corporativa, i soci partecipano direttamente (artt. 2257 e 2258 c.c.).Inoltre, è tenuto a provvedere al loro soddisfacimento, se i fondi sociali risultano insufficienti, anche mediante contribuzioni aggiuntive rispetto a quelle effettuate in esecuzione dei conferimenti (art. 2280 c.c., comma 2). Ne conseguono l’inammissibilità, sulla scorta di quanto stabilito dall’art. 1950 c.c., di un’azione di regresso nei confronti della società da parte del socio che abbia provveduto al pagamento di un debito sociale e l’inapplicabilità, del resto concordemente riconosciuta, degli artt. 1953, 1955 e 1957 c.c. che trovano il loro presupposto proprio nell’esigenza di salvaguardare le possibilità di regresso del fideiussore. Tali conclusioni non trovano ostacolo nel fatto che anche le società personali costituiscono centri di imputazione di situazioni giuridiche, distinti dalle persone dei soci; la soggettività dei gruppi organizzati ha, infatti, carattere transitorio e strumentale, essendo i diritti e gli obblighi ad essi imputati destinati a tradursi (e questa volta definitivamente) in situazioni giuridiche individuali in capo ai singoli membri (cfr. Cass. nn. 12310/1999, 7228/1996, 12733/1995, 11151/1995, 3773/1994). (Cass 23669/06).

In tal senso è stato osservato da una parte della dottrina che nel caso di società di persone “sono proprio le singole norme definenti la fattispecie da applicare, a determinare il grado di rilevanza della soggettività sociale”, sì che essa ,in una certa misura, varia in ragione delle diverse modalità secondo cui si atteggia la disciplina della responsabilità dei soci.

Ciò comporta che, non avendo in ogni caso la società di persone una soggettività piena , nulla impedisce che, nell’ambito delle procedure concorsuali che le riguardano le norme possano – come già ritenuto da queste Sezioni Unite con la sentenza n.3749 del 1989 – prevedere il venire meno o l’attenuarsi in alcuni casi della distinzione tra società e soci in vista di prevalenti interessi tutelati dall’ordinamento giuridico .

Da ciò discende che se il debito del socio illimitatamente responsabile è sostanzialmente il medesimo di quello della società non vi è ragione che l’ipoteca che il detto socio abbia prestato per un debito sociale e che è al tempo stesso un debito proprio non possa rientrare nella previsione dell’art 177 l.f., secondo comma, applicabile ratione temporis, e ritenersi che l’espressione ” prelazione sui beni del debitore” riguardi complessivamente sia i beni della società che quelli dei soci illimitatamente responsabili con la conseguenza che l’ipoteca prestata da questi ultimi riguardi ad un tempo il debito proprio e quello della società , per cui ,come debito societario, dovrebbe comunque essere soddisfatto integralmente.

Deve osservarsi del resto, che se è vero che il concordato preventivo riguarda solo la società debitrice e non anche i soci illimitatamente responsabili, tale affermazione non può intendersi in senso assoluto perché in ogni caso il concordato preventivo della società produce, salvo patto contrario, il medesimo effetto esdebitatorio anche nei confronti dei soci i quali quindi, anche se indirettamente, sono coinvolti dall’esito e dagli effetti del concordato, onde una distinzione riguardo alle eventuali garanzie prestate tra la situazione debitoria della società e quella dei singoli soci relativamente alla loro responsabilità illimitata appare priva di giustificazione.

Posto quindi che -come in precedenza – detto il socio di società di persone che abbia prestato garanzia reale per la società, non può considerarsi terzo rispetto ad essa e non trovi quindi nel caso di specie applicazione l’articolo 184, comma primo, ultima parte l.f. ancorché detta norma debba ritenersi astrattamente applicabile anche ai terzi datori di ipoteca, qualora si ritenesse che l’ipoteca non potesse farsi valere direttamente in sede concordataria, la conseguenza sarebbe che il debito della società , pagato con la falcidia concordataria, darebbe luogo alla esdebitazione del socio il che comporterebbe l’estinzione della ipoteca ai sensi dell’art 2878 comma primo n. 3) c.c.

Occorre infatti rilevare che è ben vero che il socio, in quanto coobbligato, risponde anche per un debito proprio però è indubbio che il realtà il debito è unico. Da ciò consegue che l’estinzione dello stesso per effetto del pagamento integrale o per effetto del pagamento parziale in sede concordataria porta comunque, in assenza di patto contrario, alla estinzione del debito sia in capo alla società che in capo al socio come del resto stabilito dall’art 184,comma secondo l.f..

In conclusione una differenza di disciplina per quanto concerne la posizione del creditore garantito da ipoteca rispettivamente nel fallimento e nel concordato preventivo che in relazione a situazioni che hanno alla base il medesimo presupposto e, cioè, l’insolvenza della società debitrice, porrebbe evidenti dubbi di costituzionalità sotto il profilo della disparità di trattamento per il creditore ipotecario. Ne consegue che appare necessario ritenere che , essendo la garanzia ipotecaria comunque prestata per un debito della società per il quale tutti i soci sono coobbligati, ancorché il bene ipotecato sia di proprietà del solo socio che ha concesso l’ipoteca, il credito vada riconosciuto in sede concordataria con il privilegio ipotecario.

Ciò porterebbe ad uniformare gli effetti delle due procedure concorsuali anche alla luce dell’istituto del regresso previsto nei confronti dei coobbligati dall’art 2871 c.c per il datore di ipoteca che abbia subito l’esecuzione sul proprio bene pagato il creditore.

Se infatti il credito riconosciuto in sede concordataria come ipotecario, venisse pagato dalla società non vi sarebbe alcuna azione di regresso .Se invece ciò non avvenisse, la conseguenza sarebbe che il socio dovrebbe fornire la somma pari al valore del bene stesso per consentire l’adempimento concordatario ,ciò comporterebbe che questi verrebbe poi necessariamente a rivalersi nei confronti degli altri soci coobbligati, analogamente a quanto previsto per il fallimento dall’art 148, comma terzo, l.f.

Si osserva che la detta conclusione non si porrebbe in contrasto neppure con la disciplina del concordato fallimentare.

Se infatti nel fallimento il credito garantito da ipoteca da parte del socio va ammesso in chirografo al passivo del fallimento della società ma in via ipotecaria al passivo del fallimento del socio, ciò non esclude che in sede di proposta di concordato fallimentare al creditore ipotecario del socio debba essere riconosciuto il pagamento dell’intero credito.

Va infatti osservato che l’art 127 l.f. riguardo alla votazione sulla proposta di concordato fallimentare prescrive che i creditori muniti di privilegio pegno o ipoteca per poter votare devono rinunciare in tutto od in parte alla prelazione ma non fa alcun riferimento al fatto che la prelazione concerna i beni del fallito essendo ciò ovvio in quanto la norma è concepita in relazione ad imprenditore individuale.

Tuttavia, a loro volta gli artt. 152 e 153 l.f. ,che prevedono norme particolari per il concordato fallimentare delle società ( in particolare l’art 153 l.f tratta espressamente del concordato fallimentare delle società di persone), nulla prescrivono in ordine alla fattispecie in cui in una società di persone il credito sia insinuato in chirografo al fallimento della società ed in via ipotecaria in quello del socio.

E’ dunque ben possibile, anche in sede di concordato fallimentare di società di persone, ritenere ,per le medesime ragioni dianzi esposte, che il credito che abbia una diversa qualificazione nel fallimento della società ed in quello del socio, e ,cioè, chirografario nel primo e ipotecario nel secondo, debba essere riconosciuto in sede concordataria come privilegiato, in tal modo venendosi a creare corrispondenza con quanto si assume debba avvenire in sede di concordato preventivo.

Nel momento in cui si perviene alla soluzione proposta e, cioè, che il creditore della società munito di ipoteca prestata dal socio ha titolo per ottenere in sede concordataria il pagamento integrale del proprio credito, nei limiti ovviamente del valore del bene sul quale l’ipoteca insiste, viene meno ogni problema relativamente all’effetto esdebitatorio poiché nel momento in cui il concordato è adempiuto tale effetto si realizza pienamente anche nei confronti del socio datore d’ipoteca e di riflesso anche nei confronti degli altri soci pur sempre tenuti – come detto – al regresso nel caso in cui il socio fosse stato invece tenuto a versare la differenza tra quanto riscosso dal creditore con la falcidia concordataria e il valore del bene ipotecato.

Alla luce dei predetti principi il primo motivo del ricorso appare infondato oltre che per certi versi inammissibile anche se la motivazione della sentenza impugnata merita alcune correzioni ai sensi dell’art 384 epe.

Invero,la sentenza impugnata ha dapprima correttamente affermato che “1 a posizione del G. di socio illimitatamente responsabile della società faceva sì che l’obbligazione che garantiva a titolo personale con la costituzione della summenzionata garanzia reale, non era solo un’obbligazione sociale, ma anche, quanto meno sussidiariamente una obbligazione propria.

Da ciò consegue che il credito della Banca nei confronti del socio illimitatamente responsabile della sne G. Costruzioni era un credito privilegiato, e come tale, e proprio nell’ambito dell1esecuzione del concordato preventivo, doveva essere soddisfatto integralmente (quanto ,meno nei limiti di valore del bene ipotecato e per la quota eccedente la percentuale concordataria). ” Successivamente però la Corte d’appello ha tratto la conclusione che “per altro verso il concordato preventivo prevede il pagamento integrale dei crediti privilegiati, mentre la riduzione concordataria colpisce solamente i crediti chirografari. Il credito in questione, mentre è chirografario nei confronti della società è ipotecariamente privilegiato nei confronti del socio illimitatamente responsabile G. G..

Ne consegue che l’estensione del concordato preventivo a quest’ultimo, comporta che tale credito, nei suoi confronti privilegiato, debba essere integralmente pagato. La falcidia concordataria, che nell’ambito della società colpisce anche il credito in questione, in quanto chirografario, non si estende all’appellato, perché nei suoi confronti il credito è privilegiato”.

Tale conclusione si rivela non corretta alla luce di quanto in precedenza detto e ,cioè, della necessità che il credito garantito dall’ipoteca del socio debba essere riconosciuto come ipotecario in sede concordataria ed in tal senso la motivazione della sentenza va modificata.

Tuttavia anche tenendo conto di ciò il motivo non risulta meritevole di accoglimento .

Il motivo, per come sintetizzato nel quesito, assume che il socio illimitatamente responsabile è in ogni caso esdebitato dalle proprie obbligazioni solidali ed illimitate per i debiti sociali non rientrando egli tra i soggetti di cui all’art 184 comma primo ultima parte (coobligati, fideiussori e obbligati di regresso) .

La censura non corrisponde infatti a quanto in precedenza detto e, cioè , che il credito garantito da ipoteca rilasciata dal socio va riconosciuto come credito ipotecario in sede concordataria ove va quindi soddisfatto in modo integrale nei limiti della capienza del bene ipotecato e, qualora ciò non avvenga residua l’obbligazione in capo al socio salvo il successivo regresso di questo verso i coobligati non potendo trovare ingresso nella valutazione di questa Corte, come si dirà subito appresso, ulteriori valutazioni su una ipotetica rinuncia all’ipoteca da parte della Banca in sede di votazione né su preclusioni a far valere l’ipoteca derivanti dal dedotto adempimento del concordato..

A tale proposito si osserva che il motivo in esame contiene anche un quesito con cui si chiede a questa Corte di pronunciarsi se l’ipoteca prestata da un socio di società di persone per un debito sociale si estingua con l’adempimento e la chiusura del concordato preventivo. Di tale questione non si rinviene però traccia nel motivo onde la stessa appare inammissibile alla luce della giurisprudenza di questa corte secondo cui la formulazione del quesito di diritto prevista dall’art. 366 “bis” cod. proc. civ. postula l’enunciazione, da parte del ricorrente, di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e, perciò, tale da implicare un ribaltamento della decisione assunta dal giudice di merito; ne consegue che non è ammissibile un motivo di ricorso che si concluda con un quesito non corrispondente al contenuto del motivo stesso.(Cass 6530/08 sez un ; Cass28280/08).

Per la ragione inversa è inammissibile la ulteriore doglianza che si rinviene nel motivo ove si sostiene che, avendo la banca resistente votato favorevolmente al concordato, non avrebbe avuto alcuna ragione per mantenere l’ipoteca .Di tale doglianza, se tale la si può ritenere interpretandola come deduzione di una avvenuta rinuncia alla ipoteca, non vi è infatti traccia nel quesito onde la stessa non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.

Quanto poi al secondo motivo ove si afferma la natura sussidiaria della garanzia ipotecaria rispetto alla obbligazione garantita, per cui la stessa si estingue, ai sensi dell’art 2878 comma primo, n.3) c.c con l’estinguersi dell’obbligazione ,pur essendo la tesi di per sé corretta, la stessa non coglie la peculiarità della fattispecie in esame dianzi evidenziata, per cui dovendo il credito trovare soddisfazione integrale in sede concordataria, qualora ciò non avvenga lo stesso continua a far carico al socio coobbligato.

Con il terzo motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello sia incorsa nella violazione dell’art 2291 c.c laddove ha affermato che la società in nome collettivo dispone di personalità giuridica.

Il motivo è inammissibile.

L’affermazione della sentenza in proposito non è certamente corretta. La stessa tuttavia va considerata come un lapsus calami che non ha avuto alcuna incidenza ai fini della decisione. Quest’ultima risulta infatti basata sulla sussistenza della responsabilità illimitata dei soci rispetto alle obbligazioni sociali e dunque non può che riferirsi ad una ipotesi di società in cui esiste solo un centro di imputazione delle obbligazioni ed una limitata autonomia giuridica ma non già una soggettività piena quale quella che deriva dalla personalità giuridica. In altri termini la sentenza impugnata non ha fondato in alcun modo la propria decisione applicando alla società in nome collettivo la normativa ed i principi propri delle società di capitali.

Con il quarto motivo, il ricorrente allega la violazione degli artt.2291, 2331, 2464, 2475, 2498 e 2519, co. 2, c.c. (nella formulazione vigente ratione temporis) in relazione all’art. 360, co. I, n. 3, c.p.c. Si afferma che la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili consiste nel semplice assoggettamento degli stessi all’azione esecutiva dei creditori sociali e, a tutto concedere, alla nascita, in capo ai soci, di un’obbligazione sussidiaria e dipendente rispetto all’obbligazione principale della società, destinata ad estinguersi con l’estinzione di quest’ultima.

Il motivo è infondato per le medesime ragioni addotte in relazione ai primi due motivi.

Con il quinto motivo, infine, il G. si duole della mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.) in ordine al presunto accertamento che l’ipoteca oggetto di causa sarebbe stata concessa per un debito personale del socio e non per un debito sociale, facendo presente che la sentenza non ha mai chiarito su quali fatti si fonda il proprio convincimento.

La giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che per l’ipotesi di cui all’art 360 n. 5 c.p.c. il ricorso deve contenere, ai sensi dell’art 366 bis epe ( applicabile ratione temporis) la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura ;in altri termini deve cioè contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass sez un 20603/07).

Nel caso di specie, non si rinviene alcun quesito in ordine al lamentato vizio di motivazione onde il motivo va dichiarato inammissibile.

In conclusione il ricorso va respinto. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, compensa le spese dell’intero giudizio.

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