Cass. Civ., Sentenza 5 giugno 2013, n. 14150
Corte di Cassazione, sentenza del 5/06/2013, n. 14150
Tributi – Imposta di registro – Elusione fiscale – Compravendite consecutive – Cessione quote societarie – Sussiste.
Svolgimento del processo
I contribuenti costituivano, con rogito registrato in Faenza il 4.2.2002, la Azienda agricola C. s.r.l., conferendo il complesso immobiliare (formato da terreni e sovrastanti fabbricati) facente parte di una preesistente azienda agricola gestita in forma di società semplice.
Successivamente i soci cedevano a due società (la C. s.c.a.r.l. e il C. s.c.a.r.l.) le quote di partecipazione nella suddetta s.r.l.
La registrazione dell’atto di costituzione della s.r.l. veniva effettuata in misura fissa. Le cessioni di quote venivano registrate in esenzione d’imposta, essendo soggette solo a imposta di bollo. Con avviso di liquidazione in data 28.1.2005 l’amministrazione finanziaria recuperava le ordinarie imposte di registro sull’operazione complessivamente considerata, ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986, ritenendola configurare un unico trasferimento di beni alle predette cooperative.
II ricorso dei contribuenti avverso l’atto impositivo veniva respinto dalla commissione tributaria provinciale di Ravenna.
In esito ad appello, la sentenza era riformata dalla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in base al fatto che la definizione dell’operazione (rappresentata dal trasferimento di terreni agricoli mediante preliminare conferimento in società e successiva cessione delle quote di questa) come elusiva dell’ istituto contrattuale della compravendita non aveva trovato logica dimostrazione, “trattandosi di scelte libere permesse dall’ ordinamento”.
Contro la sentenza di secondo, l’amministrazione ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi. Gli intimati hanno replicato con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 20 e 21 del d.p.r. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ricorrente censura la decisione per non aver considerato che la tassazione, nel caso di specie, doveva tener conto degli effetti giuridici concretamente perseguiti dall’operazione nel suo complesso, e non dei singoli negozi posti in essere; donde non si sarebbe potuta escludere la debenza dell’imposta ordinaria di registro in base alla mera considerazione dell’autonomia negoziale, sul rilievo che trattavasi di scelte consentite dall’ordinamento.
Col secondo motivo, invece, l’amministrazione deduce l’insufficiente motivazione della sentenza per non aver adeguatamente considerato che l’acquisizione delle quote da parte delle società cooperative era stata precededuta da un ben definito intendimento, risultante dalle copie dei verbali consiliari riportati in giudizio, di acquisire giustappunto i terreni e non le mere quote di partecipazione in s.r.l., posto che al momento della redazione dei verbali medesimi la s.r.l. non era stata ancora costituita.
II. – I motivi, tra loro connessi e suscettibili di unitario esame, sono fondati.
I presupposti di fatto della controversia sono pacificamente i seguenti:
– il 25.1.2002 veniva costituita la s.r.l. Azienda agricola C., con conferimento dei terreni facenti parte dell’anteriore azienda agricola gestita in forma di società semplice;
– con atti stipulati in progressione cronologica nell’arco di un anno (il 25.2.2002, il 26.6.2002 e il 27.1.2003) i soci della s.r.l. cedevano alle due società cooperative di trasporti tutte le quote di partecipazione nella s.r.l. conferitaria dei terreni medesimi.
A fronte della tesi dell’amministrazione finanziaria, condivisa dalla decisione di primo grado, secondo cui, ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986, i negozi suddetti dovevano essere considerati come espressione di un fenomeno giuridico unitario, tendente ad attuare l’effetto della compravendita, tanto più che le due società di trasporti, cessionario, non avevano manifestato alcun interesse economico ad acquisire quote di un’azienda agricola, l’impugnata sentenza ha ritenuto priva di logica dimostrazione la definizione del trasferimento come “elusivo dell’istituto contrattuale della compravendita, trattandosi di scelte libere permesse dall’ ordinamento”.
In tal modo il profilo giuridico, rilevante in causa, non è stato colto affatto.
Giacché il profilo non era attinente a una supposta elusione dell’istituto contrattuale, ma dell’imposta. Invero, secondo la tesi esplicitata nell’atto impositivo – e accolta dal giudice di primo grado – la cessione delle quote, sebbene funzionale a garantire l’effetto giuridico finale del trasferimento di proprietà dei beni immobili, era stata registrata in esenzione d’imposta (salva la soggezione a imposta di bollo). E l’effettivo intento delle società cessionarie, già suscettibile di esser tratto dall’evidenza degli effetti giuridici dell’operazione nel suo complesso, era stato addirittura esplicitato all’interno degli atti societari (i verbali del c.d.a. prodotti in giudizio).
Dalla trascrizione fattane nel ricorso per cassazione si apprende che i verbali detti non avevano evidenziato l’intento delle cessionarie di gestire un’azienda agricola, sebbene quello di acquisire giustappunto il terreno, poiché – si dice – questo “si può sfruttare per l’estrazione di materiali inerti, essendo destinato alla realizzazione di una cassa di espansione per il fiume Senio”.
III. – In rapporto alle riferite emergenze, appare del tutto inconferente la surriferita sbrigativa affermazione con la quale la commissione tributaria regionale ha liquidato il punto controverso. In base all’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 l’imposta di registro “è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”. E questa corte ha più volte chiarito (v. in particolare Sez. 5 n. 14 900/01; n. 2713/02) che la prevalenza della natura intrinseca degli atti registrati e dei loro effetti giuridici sul loro titolo e sulla loro forma apparente vincola l’interprete a privilegiare, nell’individuazione della struttura del rapporto giuridico tributario, la sostanza sulla forma; id est, il dato giuridico reale conseguente alla natura intrinseca degli atti e ai loro effetti giuridici, rispetto a ciò che formalmente è enunciato, anche frazionatamente, in uno o più atti. Con la conseguenza di doversi riferire l’imposizione al risultato di un comportamento sostanzialmente unitario, rispetto ai risultati parziali e strumentali di una molteplicità di comportamenti formali.
A questa interpretazione (v. da ultimo Sez. 6-5 n. 4086/12) si è giunti, nella giurisprudenza della corte, tenendo conto dell’evoluzione normativa che ha caratterizzato la prestazione patrimoniale tributaria di registro, dal regime della tassa (avente come oggetto l’atto inteso nella sua forma documentale, e come contenuto una determinata quantità di denaro da riscuotere, in corrispettivo del servizio di registrazione), a quello dell’imposta (avente come oggetto la manifestazione di capacità contributiva correlabile a una ben dimostrata forza economica). Sicché, inserendosi nell’ambito di una simile evoluzione, gli artt. 1 e 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 vanno interpretati nell’univoco senso che oggetto dell’imposta di registro, per quanto genericamente e formalmente individuata nel riferimento dell’art. 1 agli atti soggetti a registrazione o volontariamente presentati per la registrazione, è, nella sostanza, costituito dagli effetti giuridici di tali atti.
In questo senso si spiega la condivisibile affermazione secondo la quale l’art. 20 – a differenza di quanto ancora nella sostanza obiettato dagli attuali controricorrenti – non è soltanto una norma interpretativa degli atti registrati, ma una disposizione intesa a identificare l’elemento strutturale del rapporto giuridico tributario, che “è dato dall’oggetto e che viene fatto coincidere con gli effetti giuridici indicativi della capacità contributiva dei soggetti che li compiono” (v. Sez. 5^ n. 2713/02).
IV. – Può quindi osservarsi che in senso ostativo non rileva il riferimento dell’impugnata sentenza all’istituto dell’autonomia privata, perché l’assunzione, non degli atti registrati in sé, ma dei loro effetti giuridici come oggetto dell’imposta di registro, non ne determina lesione alcuna. Se è vero che i contraenti restano liberi di perseguire l’assetto dì interessi giuridici e patrimoniali sulla base di libere scelte – nella gamma dei poteri negoziali messi a loro disposizione dall’ordinamento – resta però che, ai fini dell’imposta di registro, pur sempre rilevano, per una sola e costante qualificazione formulata dal legislatore tributario, gli effetti giuridici finali, ancorché conseguenti alla parcellizzazione di singoli atti.
V. – Né può seguirsi l’ulteriore obiezione di cui al controricorso, diretta a sostenere che l’avversa censura sarebbe in verità destinata a riaprire in sede di legittimità una legittima valutazione di merito operata dal giudice tributario.
A mezzo dei due connessi motivi l’amministrazione, difatti, chiede – come certamente si può fare nel giudizio di cassazione – se la fattispecie complessa, costituita dai citati negozi succedutisi in rapida sequenza, sia fiscalmente sussumibile, o meno, nel precetto dettato dall’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986.
Pone cioè una questione di sussunzione, presupponente una qualificazione dell’oggetto della norma, non una critica della valutazione di merito.
VI. – In conclusione l’impugnata sentenza, in quanto affetta dai ripetuti errori di diritto e motivazionali, va cassata con rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione.
Codesta rinnoverà l’interpretazione dei dati concreti uniformandosi al seguente principio di diritto: “In tema di imposta di registro, l’art. 20 del d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 attribuisce prevalenza, ai fini dell’interpretazione degli atti registrati, alla natura intrinseca e agli effetti giuridici degli stessi sul loro titolo e sulla loro forma apparente; e in tal senso vincola l’interprete a privilegiare il dato giuridico reale rispetto ai dati formalmente enunciati – anche frazionatamente – in uno o più atti. Pertanto una pluralità di operazioni societarie e/o di negozi, strutturalmente e funzionalmente collegati al fine di produrre un unico effetto giuridico finale costituito dal trasferimento della proprietà di beni immobili, vanno considerati, ai fini dell’imposta di registro, come un fenomeno unitario, anche in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva”. Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.