Cass. Civ., Sez. II., 16 aprile 2013, n. 9177
Corte di Cassazione Civile, Sezione II, sentenza del 16/04/2013, n. 9177
Presidente L A. Rovelli; Estensore P. D’Ascola
Responsabilità del notaio – Responsabilità disciplinare del notaio – Omessa distinta sottoscrizione della traduzione allegata al rogito – Illecito disciplinare – Sussistenza.
Commette un illecito disciplinare – sanzionabile con l’ammenda ex art. 137 della legge notarile, ma non con la sospensione ex art. 138 – il notaio che, rogando un atto in italiano, tradotto in lingua straniera ai sensi dell’art. 55 della legge notarile, non assicuri la sottoscrizione tanto dell’originale, quanto della traduzione, essendo insufficiente un’unica sottoscrizione, ancorché posta in calce alle due parti tra loro susseguenti.
Svolgimemto del processo
Con sentenza 14 novembre 2011, la corte di appello di Milano ha respinto il reclamo proposto dal notaio E.G. avverso la decisione 7 giugno 2011 della CoReDi Lombardia, che lo aveva condannato disciplinarmente in relazione a 18 violazioni dell’art. 55 L.N., infliggendogli una sanzione pecuniaria di diciottomila euro.
La Commissione ha ritenuto che, trattandosi di atti (per 17 su 18) redatti in lingua italiana e tradotti in lingua straniera, contenessero l’irregolarità consistente nella mancata apposizione della sottoscrizione delle parti, dell’interprete, dei testimoni e del notaio in calce al testo redatto in italiano.
L’altro atto mancava della sottoscrizione del notaio e dell’impronta del sigillo.
Ha pertanto ritenuto che tanto l’atto in lingua italiana quanto la traduzione debbano contenere rispettiva sottoscrizione.
Ha inoltre escluso la possibilità di oblazione o di applicazione dell’istituto della continuazione.
L’8 maggio 2012 il notaio ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo tre motivi e ponendo una questione di legittimità costituzionale.
Il Consiglio Notarile Como è rimasto intimato.
Il ricorso è stato notificato anche alla Procura della Repubblica di Como, al Procuratore Generale di Milano, che non hanno svolto attività difensiva.
Il Ministro della Giustizia e il Conservatore capo dell’Archivio notarile di Como, assistiti dall’avvocatura di Stato, hanno resistito con controricorso.
Il Procuratore generale della Cassazione, cui impropriamente è stato notificato il ricorso, ha partecipato alla discussione ex art. 70 comma secondo c.p.c.
Motivi della decisione
2) Il testo dell’art. 54 della legge notarile è il seguente: “Gli atti notarili devono essere scritti in lingua italiana.
2. Quando però le parti dichiarino di non conoscere la lingua italiana, l’atto può essere rogato in lingua straniera, sempre che questa sia conosciuta dai testimoni e dal notaro. In tal caso deve porsi di fronte all’originale o in calce al medesimo la traduzione in lingua italiana, e l’uno e l’altra saranno sottoscritti come é stabilito nell’art. 51.”
L’articolo 55 della legge notarile reca: “Qualora il notaro non conosca la lingua straniera, l’atto potrà tuttavia essere ricevuto con l’intervento dell’interprete, che sarà scelto dalle parti.
L’interprete deve avere i requisiti necessari per essere testimone e non può essere scelto fra i testimoni ed i fidefacienti. Egli deve prestare giuramento davanti al notaro di adempiere fedelmente il suo ufficio, e di ciò sarà fatta menzione nell’atto.
Se le parti non sanno o non possono sottoscrivere, due dei testimoni presenti all’atto dovranno conoscere la lingua straniera. Se sanno o possono sottoscrivere, basterà che uno solo dei testimoni, oltre l’interprete, conosca la lingua straniera.
L’atto sarà scritto in lingua italiana, ma di fronte all’originale o in calce al medesimo dovrà porsi anche la traduzione in lingua straniera da farsi dall’interprete, e l’uno e l’altra saranno sottoscritti come è disposto nell’art. 51. L’interprete pure dovrà sottoscrivere alla fine e nel margine di ogni foglio tanto l’originale quanto la traduzione.”
La sentenza impugnata ha ritenuto che in tal caso l’atto e composto da due parti “distinte ed integrate”, l’originale e la traduzione, cui devono accedere due sottoscrizioni.
Parte ricorrente, forte anche del ripensamento di nota dottrina, sostiene che l’atto va ricostruito unitariamente e non richiede il requisito della doppia sottoscrizione allorché la traduzione sia apposta in calce all’originale si da formare un atto unitario.
2.1) La tesi è da respingere.
Ostano ad essa sia il tenore letterale della norma, sia la chiara ratio.
“L’anomalia” dell’atto de quo è costituita dalla traduzione, che comporta l’intervento di un altro soggetto, l’interprete e la composizione dell’atto in due parti nitidamente indicate, l’originale e la traduzione.
Quest’ultima ha speciale importanza, giacché è volta a consentire che l’atto sia formato senza equivoci dovuti alla mancata conoscenza della lingua e ad assicurare che le parti portino su di esso particolare attenzione, verificando non solo il testo redatto nella propria lingua, ma anche la traduzione.
Un’unica sottoscrizione, ancorché vergata in calce alle due parti che si susseguano senza interruzione, non soddisfa le esigenze che il legislatore ha inteso tutelare.
Occorre credere che la norma abbia inteso tutelare la effettività della verifica della traduzione e indurre a tal fine ognuno dei soggetti tenuti alla sottoscrizione a considerare bene tanto che vi sia, quanto l’importanza della fedeltà di essa.
Il mezzo individuato per favorire questa speciale attenzione è costituito proprio dalla sottoscrizione distinta di ciascuna delle due parti dell’atto, gesto che costringe a interrogarsi sulla congruità della traduzione.
Così evidenziata la ratio dell’atto – e considerato che essa è posta a tutela della situazione di debolezza, l’uso di una lingua diversa dalla propria, in cui si trova chi non conosce la lingua italiana, non sembra avere pregio la tesi che vorrebbe vanificare detta ratio mediante un’interpretazione che non risponde al testo, né alle sue fondamenta normative (cfr. utilmente, per la ipotesi di atto sottoscritto da sordomuto, pure presidiato da peculiari cautele, Cass. 15710/06).
3) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.137 e 138 della legge notarile – omessa pronuncia e vizi di motivazione.
La censura si riferisce al1’avvenuta applicazione, in relazione alla violazione di cui si è detto, della più grave sanzione di cui all’art. 138, la sospensione dal servizio, in luogo di quella prevista dall’ art.137, l’ammenda, che consente l’accesso all’oblazione.
Va detto che la Corte di appello ha esaminato e deciso il relativo motivo di ricorso, sicché non ha senso la censura per omessa pronuncia, riferita in ricorso alla circostanza che la questione non era stata scrutinata dalla CoReDI. Secondo il ricorrente la Corte, rilevata l’omessa decisione sul motivo di impugnazione da parte dell’organo di prima istanza, avrebbe dovuto limitarsi ad annullare la decisione.
La tesi non ha pregio, quantomeno perché il vizio di omessa pronuncia non rientra fra quelli che determinano la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente, ma comporta la necessità, per il giudice d’appello che dichiari il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito (Cass. 13705/07).
è invece fondata la questione di merito posta nel motivo.
L’art. 137 reca: “è punito con l’ammenda da L. 40 a L. 400 il notaro che contravviene alle disposizioni dei nn. 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9 dell’art. 51 e degli articoli 53, 59, 65, 66, 70, 72 e che nella conservazione degli atti e nella tenuta del repertorio contravviene alle disposizioni degli artt. 61 e 62.
è punito con l’ammenda da L. 400 a L. 3200 il notaro che contravviene alle disposizioni dell’articolo 26, dei nn. 1, 8, 10, 11, 12 dell’art. 51 e del capoverso dell’art. 67…. .”
L’art. 51 contiene l’elencazione del contenuto necessario dell’atto, tra cui ritroviamo, al punto 10, la sottoscrizione col nome, cognome delle parti, dei fidefacienti, dell’interprete, dei testimoni e del notaro.
L’art. 138 stabilisce che “è punito con la sospensione da uno a sei mesi il notaio: a) che è recidivo nella contravvenzione alle disposizioni di cui all’articolo 26; b) che contravviene alle disposizioni degli articoli 54, 55, 56 e 57; c) che non conserva, per negligenza, gli atti da lui ricevuti o presse lui depositati; d) che non tiene il repertorio prescritto dall’articolo 62 oppure lo pone in uso senza le firme prescritte dall’articolo 64; e) che è recidivo nelle contravvenzioni alle disposizioni dell’articolo 51, secondo comma, numeri 1°, 8°, 10°, 11° e 12°; f) che impedisce o ritarda le ispezioni previste dagli articoli 128 e 132 ….. ”
Parte ricorrente lamenta l’incongruità di un’interpretazione che attribuisca la sanzione maggiore a tutte indistintamente le violazioni dell’art. 55.
Fa rilevare come nel caso di violazione costituita dalla mancanza della seconda sottoscrizione di un atto tradotto (e firmato una sola volta, come nella specie) l’interpretazione letterale condurrebbe all’applicazione di una sanzione molto più grave di quella prevista per il caso di omissione dell’unica sottoscrizione, punendo più severamente un comportamento meno censurabile.
Rileva inoltre che, quanto alle modalità delle sottoscrizioni dell’atto bilingue, l’art. 55 comma 4 rimanda espressamente (lo si legge nel testo dianzi riportato) all’art. 51 della legge notarile, sicché la sanzione correlabile alla violazione della parte dell’art. 55 relativa alle sottoscrizioni non può che essere quella prevista per la violazione di cui all’art. 51.
La tesi è fondata.
Essa è completata dalla subordinata richiesta di denuncia dell’incostituzionalità, per irragionevolezza, di una disposizione che punirebbe meno gravemente un comportamento (il ricevere un atto completamente privo di sottoscrizione) più censurabile di quello oggetto dell’odierno rilievo disciplinare.
La questione di costituzionalità resta assorbita dall’accoglimento della tesi principale.
Il Collegio reputa che si debba pervenire ad un’interpretazione del disposto normativo nel senso postulato dal ricorso, interpretazione che è assistita dal testuale inequivoco richiamo all’art. 51 contenuto nell’art. 55.
Ciò vale a unificare le fattispecie relative alla sottoscrizione degli atti e giustifica un’interpretazione logico-sistematica dell’art. 138, da intendersi nel senso che esso sottomette alla sanzione della sospensione chi contravviene alle (molte) prescrizioni dell’art. 55, escluse le prescrizioni di detta norma che implichino il richiamo alla condotta di cui all’art. 51. In tal caso infatti il comportamento sanzionato è il mancato conformarsi del professionista a questa condotta, violazionepunita ex art. 137 e non ex art. 138 L.N.
4) è infondato il terzo motivo di ricorso, che espone violazione e omessa applicazione degli artt. .81 c.p. e 8 art. 689/81.
Il ricorrente invoca l’applicazione “dell’istituto della continuazione per i casi di plurime violazioni identiche in atti
diversi”.
Invoca l’art. 13 della legge notarile che al quarto comma prevede che: “Se, in occasione della formazione di uno stesso atto, il notaio contravviene più volte alla medesima disposizione, si applica una sola sanzione, determinata fino all’ammontare massimo previsto per tale infrazione, tenuto conto del numero delle violazioni commesse.”
Si duole del fatto che analogo beneficio non sia accordato dal legislatore nel caso di plurime violazioni di atti diversi e pretende che si ricorra all’istituto previsto per i reati o per le sanzioni amministrative.
La palese differenza di ratio che presidia le disposizioni penali, quelle relative agli illeciti amministrativi (differenziate dalle prime anche quanto all’istituto della continuazione) e la repressione degli illeciti disciplinari, ambiti diversi per interesse protetto, soggetti coinvolti e valori di riferimento, esclude la possibilità di interferire nella discrezionalità del legislatore.
L’estensione, per di più in presenza di una disposizione (l’art. 135) che ha espressamente considerato l’istituto della continuazione, di norme dettate per altri settori dell’ordinamento costituirebbe operazione creativa estranea all’ambito riservato alla giurisdizione.
Discende da quanto esposto l’accoglimento del secondo motivo di ricorso e il rigetto degli altri.
La sentenza impugnata va cassata in parte qua e la causa rinviata per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che in sede di rinvio liquiderà le spese di questo giudizio e si atterrà al seguente principio: In tema di procedimento disciplinare a carico dei notai, il notaio che contravviene all’obbligo della doppia sottoscrizione, di far cioè sottoscrivere distintamente sia il testo originale che la traduzione dell’atto, è punibile con la sanzione prevista dall’art. 137 L.N. in relazione alla violazione di cui dall’art. 51 della legge citata.
PQM
La Corte rigetta primo e terzo motivo ricorso.
Accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Cosi deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta l’8 gennaio 2013.