Cass. Civ., Sez. II, Sentenza 10 aprile – 18 dicembre 2014, n. 26765
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 Aprile – 18 dicembre 2014, n. 26765
Presidente Petitti – Relatore Correnti
Fatto e diritto
Il notaio G.M. propone ricorso per cassazione contro la Camera di commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Ancona, che resiste cori controricorso, avverso la sentenza del tribunale di Ancona del 22.3.2013 che ha accolto l’appello della Camera di Commercio ed, in riforma della sentenza impugnata del Giudice di Pace di Ancona, ha confermato l’ingiunzione irrogata per ritardi in ordine alla trasmissione dell’elenco dei protesti. Il provvedimento impugnato riferisce della pregressa normativa sulla trasmissione degli elenchi al Presidente del Tribunale ed alla Camera di commercio e conclude nel senso che l’abolizione della trasmissione degli elenchi al primo non ha implicato anche l’abolizione di detta trasmissione alla seconda.
Le parti hanno presentato memorie.
Si denunziano: 1) violazione di norme sostanziali ed errata applicazione dell’art. 342 cpc perché l’appello non conteneva né la richiesta di modifiche alla ricostruzione del fatto né le circostanze da cui deriva la violazione di legge, per cui doveva ritenersi inammissibile. 2) omesso esame di fatto decisivo per l’omesso esame dell’eccezione di inammissibilità; 3) errata applicazione dell’art. 235 R.D. 267/1942 perché quando il D.Lg. 5/2006 ha abrogato l’art. 13 e riformato l’articolo 6 del R.D. “l’art. 235 L.F. è rimasto intonso al suo posto”. Si richiama dottrina. 4) errata applicazione dell’art. 235 R.D. 267/1942 in relazione all’art. 3 1. 77/1955 e violazione dell’art. 1 comma 2 1. 689/1981 perché il giudice di appello, diversamente da quello di primo grado, ha ritenuto di applicare la sanzione di cui all’art. 235 che punisce il P.U. che omette di inviare gli elenchi al Presidente del Tribunale, al P.U. che non li trasmette al Presidente della CCIAA; 5) errata applicazione del D.M. 316/2000 perché la sentenza cita la normativa pregressa mentre ai sensi dell’art. 1 legge 235/2000 non è prevista alcuna sanzione. 6) errata applicazione delle norme indicate per divieto di applicazione analogica 7) errata applicazione dell’art. 235 R.D. 267/1942 per la mancata considerazione del giustificato motivo atteso il numero rilevante di protesti 8) omesso esame di fatto decisivo in relazione al motivo di cui al motivo precedente; 9) errata applicazione dell’art. 235 per assenza di dolo o colpa; 10) Omesso esame di fatto decisivo in ordine alla richiesta di confermare l’annullamento dell’ordinanza per assenza di dolo o colpa.
Osserva questa Corte Suprema:
E’ stato pacificamente accertato e non è contestato che il ricorrente ha inviato in ritardo gli elenchi dei protesti ed in tal senso si deduce dal controricorrente l’esistenza di ripetuti solleciti.
Dando atto che la sentenza svolge congiunte considerazioni in fatto ed in diritto richiamando le tesi dell’appellante, va rilevato che era onere del ricorrente dal contesto dell’atto nel suo complesso, formato dalle premesse e dallo svolgimento dei motivi, “id est” dalla sola lettura di esso, escluso l’esame di ogni altro documento e della stessa sentenza impugnata, far desumere una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, delle decisioni adottate e delle ragioni di esse, in modo da consentire al giudice di legittimità una adeguata comprensione del significato e della portata delle critiche mosse alla pronunzia (“ex plurimis” Cass. 16 settembre 2004 n.18648, 29 luglio 2004 n. 14474, 21 luglio 2004 n. 13550, 19 aprile 2004 n. 7392, 19 luglio 2001 n. 9777 etc.).
Ciò premesso il primo motivo non considera che la sentenza impugnata prende le mosse proprio dalle tesi della Camera di Commercio donde è errata la doglianza su una asserita inammissibilità dell’appello, peraltro riferita al nuovo testo dell’art. 342 cpc che non si applica ratione temporis essendo stata impugnata una sentenza del GP emessa il 30.7.2012.
Il secondo motivo non riporta l’ eccezione di inammissibilità dell’appello, comunque infondata per quanto dedotto.
Meritano invece accoglimento le altre censure.
Il terzo motivo pur ammettendo l’assenza di pronunzie giurisprudenziali invoca dottrina, su una abrogazione tacita dell’art. 235.
La motivazione si regge sull’assunto che la abolizione della trasmissione degli elenchi al Presidente del Tribunale non ha fatto venir meno quella alla CCIAA.
La giurisprudenza di questa Corte ampiamente ha fatto riferimento alle possibili scriminanti in sede di commissione di illeciti amministrativi, riconducibili agli analoghi istituti vigenti in diritto penale.
Come questa Corte ha più volte evidenziato, in tema di illecito amministrativo anche l’interpretazione di norme può ingenerare incolpevole errore sul fatto, quando essa verta sui presupposti della violazione, ma esso, che non è mai individuabile quando attinga la sola interpretazione giuridica dei precetti, può rilevare soltanto in presenza di un elemento positivo, estraneo all’autore, che sia idoneo ad ingenerare nello stesso inesperto autore l’incolpevole opinione di liceità del proprio agire; la stessa Corte costituzionale ha precisato con sentenza n. 364/88 come debba tenersi presente che l’ignoranza “vale soprattutto per chi versa in condizioni soggettive d’inferiorità”, come non può ritenersi nella specie trattandosi di professionista qualificato, mentre non può coprire omissioni da parte di soggetti , la cui elevata condizione sociale e tecnica rende esigibili particolari comportamenti realizzativi degli obblighi strumentali di conoscere le leggi.
Inoltre l’accertamento in ordine alla sussistenza dell’ignoranza del precetto, la cui violazione comporti l’irrogazione di una sanzione amministrativa , od all’erroneo convincimento che la situazione non ne integri gli estremi, ed alle particolari positive circostanze di fatto idonee a rendere ragionevole tale convincimento, rientra nei poteri dl giudice di merito, la cui valutazione può essere controllata in sede di legittimità solo sotto l’aspetto del vizio logico o giuridico di motivazione (Cass. nn. 20776/2004, 911/96, 1873/95, 3693/94, 8189/92).
Tuttavia l’interpretazione sistematica della normativa oggetto di causa induce a ritenere che il pur sussistente obbligo di trasmettere gli elenchi alla Camera di commercio, se costituisce fattispecie oggetto di procedimento disciplinare, che risulta incoato e sanzionato da parte del consiglio notarile, come da sentenza di questa Corte n. 4875/2014, che ha rigettato il ricorso dell’odierno ricorrente, sia esente da ulteriori sanzioni.
La novità della questione comporta la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’ordinanza e compensa le spese.