Cass. Civ., Sez. II, Sentenza 11 dicembre 2015 n. 25027
Corte di Cassazione, II Sezione civile, sentenza 11 dicembre 2015, n. 25027
Presidente Piccialli – Relatore Nuzzo
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 26.4.2002, la società X s.n.c. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Mantova le aveva ingiunto il pagamento di Euro 51.339,76, in favore di Y A.G., quale residuo corrispettivo per la fornitura di alcuni condizionatori. L’opponente chiedeva la revoca del D.I., previo accertamento dell’inadempimento dell’opposta all’obbligo di garanzia di buon funzionamento dei beni compravenduti, con conseguente riduzione del loro prezzo. L’opposta si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione. Con sentenza 10.3.2005 il Tribunale di Mantova rigettava l’opposizione e le domande proposte da X, condannandola alle spese di lite. Avverso tale sentenza la soccombente proponeva appello cui resisteva l’Y s.p.a.. Con sentenza depositata il 3.5.2010 la Corte di Appello di Brescia rigettava l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado. Osservava la Corte di merito: che la testimonianza del P. non valeva a contrastare quanto affermato dal primo Giudice in punto di estrema genericità della contestazione dei vizi; che il materiale per la riparazione dei climatizzatori era stato montato dal terzi estranei sicché difettava la prova, a carico dell’opponente, “non solo dell’esistenza dei vizi ma anche della imputabilità degli stessi alla parte nei cui confronti é diretta la pretesa ad essi connessa”. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la s.n.c. X formulando sette motivi. Resiste con controricorso e memoria Y s.p.a..
Motivi della decisione
La ricorrente deduce: 1) falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente affermato la necessità di una denuncia dei vizi analitica fin dal momento della denuncia stessa, escludendo che le caratteristiche dei vizi potessero essere specificate in corso di causa; 2) falsa applicazione dell’art.1495 c.c., non avendo la giudice di appello tenuto conto che non occorre la denuncia dei vizi quando il venditore, “anche per facta concludentia” (come l’effettuazione di riparazioni o l’invio di pezzi di ricambio da parte del venditore), abbia riconosciuto l’esistenza dei vizi; 3) falsa applicazione degli artt. 1494-1512 e 2697 c.c., posto che, a fronte del difettoso funzionamento dei condizionatori fatto pacifico), sarebbe stato onere dell’Y dimostrare il venir meno del nesso eziologico tra la garanzia di buon funzionamento dei climatizzatori ed il loro mancato funzionamento; 4) manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio, quale il contenuto della denunzia dei vizi delle cose vendute in quanto, da un lato, si affermava in sentenza che non erano stati specificati i vizi, e dall’altro, che questi consistevano nel mancato funzionamento dei climatizzatori; 5) insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio, avendo il giudice di appello rigettato la richiesta di C.T.U., necessaria per accertare se il mancato funzionamento dei beni venduti fosse ascrivibile a vizi redibitori o ad errori di installazione; 6) insufficiente motivazione sul fatto decisivo per il giudizio costituito dalla sussistenza dei vizi e dal loro riconoscimento da parte dell’Y AG, come desumibile dall’esame delle testimonianze il cui esame era stato omesso; 7)omessa motivazione in ordine al fatto decisivo per il giudizio, riguardante l’obbligo di garanzia della Y AG per i rapporti tra Eletrikro e tale S.F. ; in particolare, la sentenza impugnata aveva omesso di prendere in esame il fatto che la X era stata chiamata in giudizio dallo S. , onde la Y AG era tenuta alla garanzia di cui all’art. 1490 c.c. “in regresso rispetto all’azione intentata nei confronti della deducente dall’installatore”. I primi cinque motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati. Va, innanzitutto, evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, la denuncia dei vizi della cosa venduta, sensi dell’art. 1492 e 1495 c.c., non richiede necessariamente una dettagliata esposizione dei vizi da cui sarebbe inficiata la “res vendita”, consistendo la finalità della denuncia nel mettere il venditore sull’avviso in ordine alle intenzioni del compratore e, contemporaneamente, nel consentirgli di ve-rificare tempestivamente la veridicità della doglianza, sicché una denuncia, sia pure generica, può esser idonea a detto fine, ove con essa il venditore sia reso edotto che il compratore ha riscontrato, benché in modo non ancora esauriente e completo, che la cosa da lui acquistata è affetta da vizi che la rendono inidonea all’uso cui è destinata e ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (Cfr. Cass. n. 6234/2000). Consegue che è errata la motivazione del giudice di appello sul mancato riconoscimento dei vizi da parte della venditrice, laddove afferma che gli interventi effettuati dalla Y o l’invio di pezzi di ricambio, “in difetto di specifica individuazione del dedotto vizio”, non possono essere apprezzati quale comportamento concludente al fine del riconoscimento stesso. Va aggiunto che, inquadrata l’azione proposta nell’ambito della garanzia per vizi, come si desume dal rigetto dell’appello, fondato essenzialmente sulla genericità della denuncia dei vizi, non poteva poi, la Corte territoriale fare riferimento alla diversa garanzia di buon funzionamento dei beni venduti (climatizzatori), escludendone il vizio costruttivo per la estraneità della venditrice Y alla fase della “installazione” dei beni. Al riguardo questa Corte ha, infatti, ribadito che la disciplina della garanzia per vizi si esaurisce negli artt. 1490 e ss. c.c. che pongono il venditore in una situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione rispetto all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, dell’azione “quanti minoris” o “redhibitoria”, sicché il compratore non dispone di un’azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che gli compete solo in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento, vendita di beni di consumo) o qualora il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene (Cass. S.U. n. 19702/2012). Va rilevato sul punto che la garanzia per i vizi della cosa venduta disciplinata dagli artt. 1490 e segg. c.c., differisce da quella di buon funzionamento prevista dall’art. 1512 c.c., invocabile solo previa deduzione e dimostrazione dell’esistenza nel contratto di compravendita di un tale patto che, con l’assicurazione di un determinato risultato (il buon funzionamento della cosa per il tempo convenuto) determina una più forte garanzia del compratore, in via autonoma ed indipendente rispetto alla garanzia per vizi ed alla responsabilità per mancanza di qualità. Anche sotto il profilo dell’onere probatorio dette garanzie si differenziano in quanto la garanzia di cui all’art. 1512 c.c. impone all’acquirente solo l’onere di dimostrare il cattivo funzionamento della cosa venduta, restando a carico del garante provare l’estraneità del cattivo funzionamento alla struttura della res, per essere esso dipendente da fatto del compratore o di terzi (Cass. n. 2328/72). La garanzia per vizi, invece, cui il venditore è tenuto per legge, impone all’acquirente l’onere di provare il vizio che rende la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata pur presumendosi la colpa del venditore in relazione alla sua conoscenza del vizio (Cass. n. 14665/2008; n. 4464/1997). Tanto chiarito, considerata la non necessità di una denuncia dettagliata dei vizi della cosa venduta, non è precluso accertarne, mediante C.T.U., la natura intrinseca o meno e la loro sussistenza già al momento della consegna, potendo l’esatta identificazione del vizio intervenire anche all’esito di un accertamento tecnico in sede giudiziale. Alla stregua dei rilievi svolti vanno accolti i primi cinque motivi residui, rimanendo assorbiti gli altri due residui motivi. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio ad atra sezione della Corte di Appello di Brescia che dovrà provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi cinque motivi del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia anche per le spese del presente giudizio.