Cass. Civ., Sez. II, sentenza 15 maggio 2015, n. 10008
Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 15 maggio 2015, n. 10008
Presidente Bucciante – Relatore Migliucci
Svolgimento del processo
1.- il Presidente del Consiglio Notarile di Torino formulò alla Commissione Regionale di Disciplina per i distretti del Piemonte e della Valle d’Aosta una richiesta di apertura di procedimento disciplinare contro il dr. C.d.M.M. per avere il medesimo: a) stipulato, il giorno (omissis), nello studio di (omissis) quattro atti in un orario incompatibile con la partecipazione ad un incontro di aggiornamento professionale presso il Consiglio notarile di Torino tenutosi lo stesso giorno alle h. 18, ovvero degli atti n. (…) alle h. 18, n. (…) alle h 18,55, n. (…) alle ore 19,35 e n. (…) alle ore 20,15 a (omissis) ;
b) indicato, in atti stipulati il 15/12/2009, orari incompatibili con i luoghi di stipulazione degli atti, ed in particolare l’atto n. (…) alle ore 16.30 a (…), l’atto n. (…) alle 16,50 a (…), l’atto n. (…) alle 17,45 in (…);
c) indicato, in un atto stipulato il 23.12.2009 alle h. 8, come locus loci la sede di un Istituto Bancario, in termini incompatibili con l’orario della Banca; con ciò risultando che la condotta del notaio nell’indicazione di dati inattendibili era ricorrente.
La Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina per la circoscrizione del Piemonte e Valle d’Aosta, con provvedimento in data 21 febbraio, dichiarò il dr. C.d.M. responsabile di tre illeciti disciplinari, aventi ad oggetto irregolarità nell’orario di sottoscrizione degli atti, frettolosità della condotta professionale, mancata assistenza alla sede, e assolveva il notaio dal quarto addebito di illecita concorrenza; per il primo illecito la Co.re.di. infliggeva la sanzione della sospensione di mesi quattro, per il secondo ed il terzo quella dell’avvertimento.
Avverso tale decisione il dr. C.d.M. propose reclamo, con cui erano formulate censure solo relativamente al primo illecito, mentre il Consiglio Notarile proponeva reclamo avverso l’assoluzione dalla illecita concorrenza.
La Corte di Appello di Torino, in parziale accoglimento del reclamo proposto dal notaio, ridusse la sanzione inflitta per la prima incolpazione, rigettandolo per il resto; respinse l’incidentale.
Per quel che ancora interessa, i Giudici ritennero quanto segue:
– la non veridicità delle indicazioni degli orari di redazione dei due atti stipulati il 28-9-2009 alle ore 18 e 18,55 e del luogo di conclusione di quelli rogati il 15 e il 23-12-2009 – sui quali soltanto la Commissione aveva fondato la sanzione della sospensione – era provata dalle stesse ammissioni del notaio con la formulazione dei capitoli di prova dal medesimo articolati;
– era da escludere che la non veridicità delle indicazioni dell’ora di stipulazione degli summenzionati atti del 28-9-2009 potesse essere frutto di errore, essendo intenzionali e, quindi, frutto di dolo;
– la non veridicità della indicazione dei luoghi di stipula degli atti del 15 e del 23-12 2009 era determinata da colpa grave;
– in base alla nuova formulazione dell’art. 147 a) della legge notarile l’eventus damni richiesto è rappresentato alternativamente dalla compromissione della dignità del notaio o del decoro della classe notarile, e che non è richiesta la realizzazione di entrambe le ipotesi, come accadeva sulla base del testo della norma in precedenza vigente;
– il motivo di reclamo del notaio, formulato sotto il profilo della insussistenza dell’evento di danno dell’illecito, era inammissibile, atteso che il reclamante si era limitato a contestare la lesione del prestigio della classe notarile, mentre invece la Co.re.di. aveva accertato anche la compromissione della dignità e reputazione del notaio, e sul punto il reclamante non aveva svolto alcun motivo di censura;
– in ogni caso doveva considerarsi realizzata la compromissione sia della dignità e reputazione del notaio – conseguente alla redazione di svariati atti notarili, con indicazioni non conformi al vero dei dati relativi all’orario e al luogo di stipula da parte del notaio al quale è riservata l’attività certificativa nel suo massimo grado, atteso il giudizio negativo per coloro che hanno partecipato a tali atti – sia del prestigio della intera classe notarile, su cui si riflette il comportamento del notaio;
– peraltro, le violazioni accertate non comportavano di per sé anche la consumazione di quella di illecito accaparramento di clientela, occorrendo una condotta diretta a tale scopo
2. – Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione dr. C.d.M.M. sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso l’intimato, proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo. Le parti hanno depositato memoria
Motivi della decisione
1.1.- Il primo motivo solleva la questione di legittimità costituzionale dell’146 legge notarile, modificata dal d.lgs. n. 249/2006, e della riscrittura dell’istituto della prescrizione dell’illecito disciplinare notarile, per eccesso di delega da parte del Governo.
1.2. – Il motivo va disatteso.
La questione è stata dichiarata manifestamente infondata con la sentenza della Corte Costituzionale n.229/2014.
2.1. – Il secondo motivo denuncia la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 147 comma uno lettera a) della legge notarile, modificata dal d.lgs. n. 249/2006.
Al riguardo osserva che la Corte d’appello di Torino – dichiarato inammissibile il secondo motivo del reclamo principale – ha ritenuto che il nuovo testo della citata norma comporterebbe la responsabilità disciplinare del notaio qualora, con la propria condotta, abbia leso non solo “congiuntamente” ma anche “alternativamente”, la propria personale dignità e reputazione o il decoro e il prestigio dell’intera classe notarile; deduce che nella specie, il notaio non avrebbe leso il decoro ed il prestigio della classe notarile; ad avviso del ricorrente, la suddetta interpretazione dell’art. 147 comma 1, lettera a), operata dalla Corte d’appello, sarebbe “di dubbia costituzionalità” per eccesso di delega (in riferimento ai criteri direttivi enunciati dalla legge delega n. 24 6/2005, all’art. 7 comma 1, lettera e); pertanto – qualora dovesse condividere l’interpretazione suddetta – la Corte di Cassazione dovrebbe sollevare la relativa questione di costituzionalità. Peraltro, l’interpretazione data dalla Corte d’appello “non appare l’unica possibile”; e ciò in quanto – anche dopo la riforma operata dal d.lgs. n. 249/2006 – l’art. 147 comma 1, lettera a), della legge notarile può essere interpretato nel senso di prevedere, “quale elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, un unico evento, descritto con l’endiadi compromissione della dignità e reputazione del notaio e del decoro e prestigio della classe notarile”. Se quest’ultima fosse però l’interpretazione corretta da dare alla norma incriminatrice, l’ordinanza della Corte d’appello di Torino sarebbe errata, perché l’assenza della lesione del decoro e del prestigio della classe notarile (dedotta con il reclamo) avrebbe dovuto condurre al proscioglimento del notaio ricorrente (anziché alla dichiarazione di inammissibilità del motivo del reclamo).
Censura ancora l’ordinanza laddove aveva ritenuto anche infondato il secondo motivo di reclamo, in ordine alla configurabilità dell’illecito disciplinare per l’indicazione di orari non attendibili negli atti stipulati nel periodo oggetto del “monitoraggio” del Consiglio Notarile. Secondo la Corte d’appello mediante tale condotta il notaio avrebbe leso “di per sé” il decoro ed il prestigio della classe notarile, indipendentemente dalla prova concreta del verificarsi di una tale lesione. Tale affermazione si poneva in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
2.2. – Il motivo è infondato.
Occorre premettere che la ordinanza impugnata – dopo avere rilevato che, secondo la Co.re.di., era risultata provata la compromissione sia della dignità e reputazione del notaio sia del decoro e del prestigio della intera classe notarile e che era da ritenere inammissibile il motivo di reclamo, con cui era stata dedotta la inesistenza dell’evento relativo alla compromissione del decoro o del prestigio della classe notarile e non pure della reputazione del notaio ha poi in concreto verificato la lesione del pregiudizio sotto entrambi i profili.
Ne consegue che la denunciata questione di costituzionalità in merito alla portata dell’art. dell’art. 147 comma 1, lettera a) secondo l’interpretazione datane dai Giudici di appello, è inammissibile, atteso che appare non decisivo ai fini della risoluzione della presente controversia verificare: 1) se la norma abbia o meno modificato l’originario testo legislativo sostituendo la disgiuntiva “o” alla congiuntiva “e”; 2) se, in caso di esito positivo, la norma sia costituzionalmente illegittima per eccesso di delega. Al riguardo, non appare pertinente il richiamo dell’orientamento delle Sezioni Unite, che il ricorrente ha compiuto per escludere valore decisorio alla affermazione della sentenza impugnata che, dopo avere dichiarato inammissibile il motivo di reclamo relativo alle esistenza dell’l’evento del pregiudizio, ha ritenuto comunque provata, come si è detto, la lesione sia della reputazione del notaio sia del prestigio della classe notarile. Il precedente di legittimità, citato dalla difesa del ricorrente con le note di replica alle conclusioni rassegnate alla udienza di discussione dal P.G. (S.U. 15122/12013), che peraltro è conforme a quanto statuito dalle Sezioni Unite con la decisione 3840/2007, ha statuito che sono prive di valore decisorio le statuizioni di merito compiute dal giudice quando – avendo emesso una pronuncia definitoria in rito – si sia in tal modo spogliato della potestas iudicandi. Ma nelle specie è di tutta evidenza che la Corte di appello, pur adoperando in proposito il termine “inammissibilità”, non ha certamente inteso emettere una pronuncia in rito preclusiva dell’esame della doglianza ma anzi al contrario – scrutinandone il merito – ha nelle sostanza ritenuto non decisiva la censura per non essere stata compiutamente contestata quella che era stata la ratio decidendi del provvedimento emesso dalla Commissione di disciplina che, come si è detto, aveva ritenuto compromesso il prestigio della classe notarile e la reputazione del notaio.
3.1.- Il terzo motivo deduce il vizio di motivazione dell’ordinanza della Corte d’appello di Torino, nella parte in cui aveva ritenuto che l’orario di sottoscrizione dell’atto di mutuo, racc. n. 16021, stipulato dal notaio stesso nella sede di (omissis) il 28.9.2009 (cioè lo stesso giorno del Convegno di aggiornamento professionale di Torino, a cui il notaio aveva partecipato) sarebbe stato scientemente alterato dal notaio medesimo dalle 17,30 alle 18,00, “allo scopo di creare un fittizio lasso di tempo tra la stipula di detto atto di mutuo e il collegato atto di compravendita sempre alle 17,30”. Erroneamente la Corte di appello avrebbe qualificato come illecito disciplinare la stipula contestuale di atti di vendita e di mutuo quando, secondo la prassi notarile e la circolare esplicativa del 18 gennaio 2007 del Consiglio Nazionale del Notariato, “non sarà indice di comportamento deontologicamente scorretto” la sottoscrizione in tempi ravvicinati degli atti di vendita e di mutuo collegati, quando il notaio ritenga che, per garanzia di tutte le parti, la sottoscrizione debba avvenire contestualmente.
3.2. – Il motivo va disatteso.
Occorre premettere che la ordinanza ha ritenuto che il notaio aveva ammesso la non veridicità delle indicazioni relative all’orario di stipula dei summenzionati atti ed escludendo che tali indicazioni fossero dovute ad errore, come invocato dal notaio, ha ritenuto la sussistenza del dolo generico richiesto sul rilievo che, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della falsità ideologica (nella quale si concretava l’illecito addebitato al notaio), è sufficiente la consapevolezza della falsa attestazione. I Giudici hanno ancora chiarito che la non veridicità dell’orario, ore 18 anziché 17,30(ora effettiva), dell’atto del 28-9-2009 era stata dovuta al fatto che a quell’ora il notaio aveva provveduto a rogare altro atto(accessorio contratto di mutuo ipotecario), secondo una prassi (stipula contestuale di vendita e mutuo) che era censurata dal Consiglio notarile e che non era consona ai doveri del notaio.
Orbene, premesso che è stato denunciato il vizio di motivazione, va considerato che, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo introdotto dalla legge n. 134 del 2012, ratione temporis applicabile, il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stata così sostituita la precedente formulazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio). La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. S.U. 8053/2014).
La riforma, che è diretta a ridurre drasticamente l’enorme contenzioso pendente presso la Corte di Cassazione, persegue lo scopo di consentire e valorizzare la funzione nomofillatica delle Corte. Pertanto, non possono essere sollevate doglianze per censurare, ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la correttezza logica del percorso argomentativo della sentenza a meno che non sia denunciato come incomprensibile il ragionamento ovvero che la contraddittorietà delle argomentazioni si risolva nella assenza o apparenza della motivazione(in tal caso, il vizio è deducibile quale violazione della legge processuale ex art. 132 cod. proc. civ.). Tale evenienza è da escludere nella specie posto che, come si è visto, la ordinanza ha esaminato le circostanze di fatto relative all’errore invocato dal notaio e l’ha negato, avendo verificato che il ricorrente era, in realtà, solito svolgere l’attività, compiendo un numero svariato di atti apponendovi non veritiere indicazioni : in realtà, le censure si risolvono nella prospettazione di una ricostruzione soggettiva dei fatti difforme da quella compiuta dal Giudice di merito attraverso una diversa lettura del materiale probatorio.
4.- Il quarto motivo censura l’ordinanza della Corte d’appello nella parte in cui essa avrebbe desunto l’alterazione dell’orario di sottoscrizione dell’atto di mutuo, racc. n. 16022, stipulato dal notaio nella sede di (omissis) il 28.9.2009 (cioè lo stesso giorno del Convegno di aggiornamento professionale di (…), a cui il notaio ha partecipato), dalla “farmulaizone del … capitolo di prova” n. 2) dell’atto di reclamo davanti alla stessa Corte: in tale capitolo di prova il notaio aveva indicato, invero, l’orario delle 19,00 come orario “presuntivo” – essendo trascorsi oltre quattro anni – di sottoscrizione dell’atto pubblico in questione. Tale indicazione non poteva, ad avviso del notaio stesso, costituire un’ammissione del fatto che l’orario attestato nel rogito non fosse quello effettivo (e, quindi, una “dichiarazione sostanzialmente confessoria”), come invece avrebbe ritenuto la Corte d’appello.
4.2. – Il motivo è inammissibile.
Va al riguardo ribadito quanto rilevato in occasione dell’esame del precedente motivo: il ricorrente censura l’accertamento di fatto, compiuto dai Giudici, che hanno ritenuto di trarre dalla condotta processuale argomenti di prova.
5.1.- Il quinto motivo deduce l’erroneità dell’ordinanza della Corte d’appello di Torino, nella parte in cui – pur avendo qualificato come (gravemente) colposi, così degradando gli illeciti dolosi ascritti (inerenti le attestazioni contenute nei due atti pubblici racc. n. 16443 e racc. n. 16519, stipulati dal notaio stesso rispettivamente il 15.12.2009 ed il 23.12.2009) – non aveva applicato a tali illeciti la norma “incriminatrice” derivante dall’art. 51 comma 1, n. 1, della legge notarile, relativa alla corretta indicazione nell’atto del c.d. locus loci anziché quella “generale” contenuta nell’art. 147 comma 1, lettera a), della legge stessa.
La violazione dell’art. 51 comma 1, n. 1, della legge notarile – deduce ancora il ricorrente – è punita dall’art. 137, comma 2, legge notarile con la sanzione pecuniaria da Euro 30,00 a Euro 240,00 oblazionabile ex art. 145 bis l.n., in caso di non recidiva, prevista dall’art. 137 comma 2 della legge. Evidenzia in proposito come, secondo quanto ritenuto dalla Suprema Corte, il comportamento del notaio incolpato deve essere innanzitutto esaminato alla luce delle norme incriminatrici tipiche e, soltanto quando tale esame abbia esito negativo, ai sensi della norma residuale e di chiusura del sistema codificato dall’art. 147 a).
5.2. – Il motivo è infondato.
Le infrazioni previste dalla legge sull’ordinamento del notariato hanno natura contravvenzionale e, quindi, per la loro punibilità è sufficiente l’elemento soggettivo della colpa (Cass. 940/1963; 2386/1974; 6383/2001).
Ciò posto, la ordinanza impugnata, nel ritenere la violazione dell’art. 147 comma 1, lettera a) della legge notarile – in relazione alle ipotesi al riguardo contestate (non veridicità della indicazione dei luoghi di stipula degli atti del 15 e del 23-12 2009) – ha verificato non solo che la condotta del notaio era stata determinata da colpa grave ma anche che tali modalità di svolgimento dell’attività da parte del notaio, il quale dovrebbe essere il custode della certificazione della verità, erano tali da ingenerare negli utenti una caduta di prestigio non solo del notaio ma della intera classe notarile.
Qui innanzitutto occorre chiarire che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’illecito disciplinare previsto dall’art. 147, lett. a), della legge n. 89 del 1913, come modificato dall’art. 30 del d.lgs. n. 249 del 2006, configura, come fattispecie rilevante, ogni condotta del notaio che comprometta in qualunque modo, nella vita pubblica o privata, la sua dignità o reputazione, o il decoro e prestigio della classe notarile (S.U. 13617/12; Cass. 21203/11). Ed invero la norma in esame prevede una fattispecie incriminatrice specifica nel senso che, ai fini della configurabilità dell’illecito, la inosservanza dei doveri imposti dall’ordinamento sul notariato circa gli adempimenti e le modalità di svolgimento dell’attività professionale del notaio ovvero le irregolarità compiute nella redazione degli atti, assume rilevanza ed è punita se in quanto comprometta la dignità e reputazione del notaio o il decoro e il prestigio della classe notarile; ne consegue che la violazione accertata non potrebbe essere esclusa dalla previsione della sanzione prevista dall’art. 137 legge notarile che punisce la violazione dell’art. 51 secondo comma n. 1 ovvero la (mera) inosservanza delle prescrizioni dettate nella stipula dell’atto da parte del notaio (nel spoecie quella riguardante il luogo).
Ricorso incidentale
1.1. L’unico motivo censura l’ordinanza impugnata per avere escluso, in violazione dell’art. 147 comma 1 lett. c) legge notarile, l’addebito di illecita concorrenza, la quale va ravvisata in presenza di comportamenti deontologicamente scorretti ed illeciti di qualunque tipo, tali da poter assicurare l’accaparramento di clientela di colleghi; e ciò in modo non confacente al decoro e al prestigio della classe notarile. Nella specie il notaio C.d.M. aveva tenuto vari – e ripetuti – comportamenti deontologicamente scorretti, taluni anche di notevole gravità, idonei a consentirgli l’accaparramento di clientela di altri notai; e perciò sussistevano gli estremi per la configurazione dell’illecito (anche) di illecita concorrenza, di cui alla lettera c) dell’art. 147 comma 1 della legge notarile, citato.
1.2.- Il motivo è fondato.
Preliminarmente va rilevata l’ammissibilità del ricorso proposto dal Presidente del Consiglio Notarile, che ha agito quale rappresentante del Consiglio ed era parte del giudizio di merito.
Occorre ricordare che, a stregua degli illeciti accertati dagli stessi Giudici a carico del ricorrente secondo quanto risulta dalla ordinanza impugnata, era emersa la non occasionale frettolosità e superficialità con la quale il notaio svolgeva l’attività professionale: il medesimo era solito non leggere in modo integrale e, adeguato gli atti pubblici, non rilevando gli errori nell’indicazione del luogo di stipulazione, non era presente alla sede alla quale era addetto; aveva redatto un numero elevato di atti in un breve lasso di tempo (130 in 18 gg. a settembre, 171 in 15 gg. a dicembre).
Peraltro, nello escludere l’addebito di illecita concorrenza, l’ordinanza impugnata si è limitata ad affermare che le violazioni accertate a carico del notaio non comportassero di per sé anche l’illecito di accaparramento di clientela.
La Corte non ha fatto corretta applicazione della norma di cui all’art. 147 c) legge notarile ovvero della fattispecie astratta contestata, posto che i Giudici avrebbero dovuto verificare se gli elementi di fatto accertati fossero sussumibili e cosi integrassero la ipotesi della illecita concorrenza : infatti, avrebbero dovuto accertare se proprio, in ragione della frettolosità e della superficialità della condotta, tenuta in modo sistematico e non occasionale, il notaio non avesse offerto una ingiustificata immagine di efficienza e convenienza delle proprie prestazioni, attirando clienti e concentrando su di sé la stipula di atti a scapito degli altri notai che invece erano ligi ai propri doveri. L’ordinanza va cassata in relazione all’accoglimento del ricorso incidentale con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Torino. In relazione al ricorso principale, che è stato rigettato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater, del d.p.r. 115 del 2002, inserito dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/2012, ratione temporis applicabile, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale accoglie l’incidentale cassa l’ordinanza impugnata relativamente all’incidentale e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater,del d.p.r. 115 del 2002, inserito dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.