Corte di Cassazione

23 Aprile 2019

Cass. Civ, Sez. II, sentenza 25 gennaio 2017 n. 1893

Corte di Cassazione, II Sezione civile, sentenza 25 gennaio 2017, n. 1893

Svolgimento del processo

1- Il notaio C.D.V. propose reclamo avverso la decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina, circoscrizione Campania e Basilicata — di qui in poi, per brevità: Co.Re.Di.- che lo aveva giudicato colpevole della violazione descritta dall’art. 147, lett. a della legge 89/1913, per non aver proceduto, in più occasioni, al versamento delle imposte autoliquidate al momento della registrazione degli atti bensì solo a seguito dell’invio, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’avviso di liquidazione, irrogando allo stesso la sanzione della sospensione dall’esercizio delle funzioni notarili per sei mesi.

2- La Corte di Appello di Napoli, pronunciando ordinanza del 26 giugno — 10 luglio 2015, respinse il reclamo, così argomentando: a — quanto alla dedotta contrarietà rispetto all’art. 111 Costit. ed ai principi CEDU degli artt. 148, IV comma; 150 bis, primo e secondo comma; 151, I comma della legge 89/1913, denunciata a cagione della ritenuta non imparzialità della Co.Re.Di. in quanto composta da membri non in posizione di terzietà rispetto all’Ordine di appartenenza, rilevò che detta Commissione era un organo amministrativo e che quindi non si sarebbero potute applicare le norme ed i principi stabiliti per gli organi giudiziari; b – quanto alla dedotta violazione del termine di 30 giorni fissato dall’art. 157 della legge notarile per il deposito del provvedimento sanzionatolo, osservò che essa, in mancanza di espressa previsione normativa , non poteva comportare il venir meno del potere decisorio della Commissione; c – quanto alla denunciata inutilizzabilità di una deposizione testimoniale a cagione del fatto che la teste era stata assunta senza che avesse pronunciato la dichiarazione di responsabilità di cui all’art. 251 cpc, giudicò inapplicabile tale disposizione, atteso che il rinvio alle norme del codice di rito , operato dall’art. 156 della legge notarile (introdotto con il decreto legislativo 249/2006) era stato previsto salva la loro compatibilità con la struttura del procedimento e la snellezza dell’istruttoria e considerato che le colà divisate conseguenze penali della falsa testimonianza erano compatibili solo con una deposizione resa in sede giudiziaria.; d – quanto alla mancata ammissione delle prove orali dedotte — a dimostrazione dell’esistenza di problemi di “operatività bancaria” dei propri conti ed alla impossibilità di pronta conoscenza dei mancati addebiti- la Corte di Appello sottolineò la reiterazione nel tempo dei fatti di incolpazione negli anni 2012-2014, segno della possibilità di conoscenza delle pretese irregolarità da parte del notaio e della conseguente volontà di non adottare alcun provvedimento gestionale per porvi rimedio; e — quanto alla concessione delle attenuanti previste dall’art. 144 della legge notarile, il giudice del reclamo mise in evidenza l’entità degli importi non tempestivamente versati e la reiterazione delle condotte; f – quanto alla dedotta mancata considerazione dell’elemento volontaristico dell’illecito disciplinare (sostenuta in base all’assunto che, in assenza di precetti contrari, il notaio avrebbe ritenuto di essersi comportato secondo diritto, non compromettendo l’onore ed il prestigio della categoria professionale di appartenenza), la Corte distrettuale richiamò un consolidato indirizzo interpretativo di legittimità circa la doverosità della condotta da parte del sostituto d’imposta.

3- Per la cassazione di tale decisione il D.V. ha proposto ricorso, affidandolo a quattro motivi; ha resistito il Consiglio notarile con controricorso; il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli e il Procuratore Generale presso la Cassazione non hanno svolto difese scritte; in prossimità dell’udienza di discussione è stata depositata memoria con allegata copia di un provvedimento di rinvio a giudizio del ricorrente, per il delitto di appropriazione indebita degli interessi sulle somme ricevute dai clienti per esser versate all’erario.

Motivi della decisione

1 — Con il primo motivo viene riprodotta la censura descritta sub a) della descrizione del fatto, relativa alla presunta contrarietà della composizione della Co.Re.Di rispetto alla terzietà rispetto all’incolpato: a contrastare la soluzione interpretativa adottata dalla Corte di Appello – facente leva sul collegamento dei principi di imparzialità e terzietà del decidente con la sola attività giurisdizionale- il ricorrente sostiene la portata generale di essi e la conseguente applicazione anche ai procedimenti amministrativi. In concreto sostiene che la dedotta carenza di imparzialità deriverebbe dal fatto che la Co.Re.Di. non esisterebbe se non per il tramite del Consiglio Notarile; viene da questo sostenuta sia dal punto logistico sia da quello economico; viene eletta alle medesime elezioni fissate per il Consiglio notarile, tra i notai appartenenti al medesimo distretto i quali, in seno ad ogni collegio giudicante, hanno la maggioranza assoluta dei voti.

1.a – – Il motivo è infondato in quanto, innanzi tutto, partendo dal principio che non è costituzionalmente – né convenzionalmente – riconosciuto il diritto ad un doppio grado di giurisdizione (Corte Costit. n. 288/1997), è sufficiente che la terzietà ed imparzialità del decidente venga assicurata nella fase giurisdizionale della procedura disciplinare, come del resto messo in evidenza anche dalla Corte EDU — causa Grande Stevens c Italia – ; ne discende la perfetta compatibilità della complessiva procedura disciplinare con il disposto dell’art. 111 Costit.; di conseguenza non è conferente il richiamo alla tendenziale applicabilità dei detti principi anche al procedimento amministrativo, le volte in cui i suoi esiti siano suscettibili di controllo in sede giurisdizionale.

1.a.1 – Deve altresì mettersi in rilievo l’assoluta genericità della censura che non tiene neppure conto che la imparzialità in concreto dei componenti della Co.Re.Di. è comunque garantita dalle norme sulla incompatibilità dei membri eletti della Commissione (art. 150, commi 4°, 5° e 6°, della legge notarile).

2 — Con il secondo motivo si assume la presenza di una insufficiente motivazione in ordine al difetto di istruttoria; l’omessa decisione su una richiesta di modifica del rito ex art 702″ e segg. Cpc; la violazione degli artt. 24 Costit: 251 cpc; 26, 1° comma decreto legislativo n 150/2011 e 702″ cpc.

2.a – Assume parte ricorrente — sostanzialmente, per quello che è dato di apprendere nell’estremamente conciso mezzo di impugnazione — che sarebbe stato pregiudicato il proprio diritto di difesa, non dando ingresso a prove testimoniali e documentali utili ; non decidendo sul mancato giuramento della teste M.G.; non esaminando il censurato difetto di istruttoria né adottando provvedimento alcuno in merito alla richiesta di modifica del rito.

2.a – Il mezzo è inammissibile sia per difetto di chiarezza sia per difetto di specificità nell’indicare il contenuto dei documenti non valutati o dei capitoli di prova proposti; sia nella parte in cui deduce una insufficienza di motivazione, con riferimento al riformato art. 360, 1° comma n.5 cpc che non prevede più tale forma di sindacato nell’argomentazione del giudice; non è dato poi di comprendere a cosa si riferisse il ricorrente con la richiesta di “mutamento del rito” che assume avanzata in sede di reclamo e che la Corte di Appello avrebbe omesso di valutare.

3 — Con il terzo motivo viene denunciata la presenza di un triplice vizio di motivazione nella formulazione dell’art. 360, 1° comma n.5 cpc non più applicabile , ratione temporis, alla fattispecie , nonché la violazione e la falsa applicazione dell’art. 144 legge notarile laddove la Corte ritenne di non riconoscere le attenuanti generiche nonostante l’anzianità di servizio del notaio e la non illegittimità del proprio operato, avendo rispettato i tempi previsti dall’Agenzia delle Entrate negli avvisi di liquidazione.

3.a — Il mezzo è inammissibile sia per quanto sopra già argomentato in ordine al vizi di motivazione sia perché l’argomentazione della Corte territoriale vi è stata ed è congrua alla fattispecie; del resto l’anzianità di servizio del professionista di per sé è circostanza non rilevante – o, se vuolsi, rilevante al limite in senso negativo- e il rispetto del termine stabilito dall’Agenzia delle Entrate non toglie che il denaro ricevuto dal cliente per provvedere immantinente alla registrazione degli atti, non essendo versato all’Erario, permaneva sul conto del notaio stesso ( da qui , deve ritenersi, l’apertura di un procedimento penale a carico del professionista, come da copia dell’ordinanza di rinvio a giudizio allegata alla memoria)

3.a.1 — Infondato infine è il rilievo secondo il quale si sarebbe dovuto tener conto del ravvedimento attivo e la condotta tenuta per eliminare le conseguenze dannose della violazione e riparare integralmente prodotto: invero il ricorrente non ha neppure esaminato la motivazione addotta in contrario dalla Corte partenopea che faceva riferimento alla condotta necessitata tenuta dal Notaio che era stato sanzionato non per non aver versato in assoluto quanto percepito dai clienti per la registrazione degli atti bensì per averlo fatto in ritardo e che dunque detto ritardo non poteva essere considerato un post factum di elisione delle conseguenze dannose della condotta, rappresentando elemento costitutivo del fatto di incolpazione (v. Cass. Sez. II n. 1170 del 2014)

4 — Con il quarto e connesso motivo si deduce la insufficiente motivazione sulla volontarietà della condotta del notaio, sull’antigiuridicità della sua condotta e  l’assenza di mala fede , sulla base dell’assunto , nuovamente, del tempestivo pagamento del dovuto: valgano le considerazioni che precedono.

5 . Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo; va altresì dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente , al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi euro 7.200, di cui 200 per esborsi, in favore della parte controricorrente ; dà altresì atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

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