Corte di Cassazione

1 Maggio 2019

Cass. Civ., Sez. III, Sentenza 18 marzo 2014, n. 6203

CORTE DI CASSAZIONE – Sezione III Civile, Sentenza 18 marzo 2014, n. 6203

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1809, 1810 e 1811 c.c., anche in relazione agli artt. 1362, 1363, 1367, 1369 e 1371 c.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia attinente alla qualificazione del rapporto tra le parti. In particolare, la ricorrente contesta la decisione della corte di appello, e la coerenza e la rispondenza delle argomentazioni da essa svolte ai principi e alle norme che regolano l’interpretazione del contratto, laddove la corte ha ritenuto, andando in diverso avviso rispetto al giudice di primo grado, che il contratto di comodato sottoscritto col S. fosse un contratto a tempo indeterminato, e quindi come tale suscettibile di cessare per effetto della mera richiesta di restituzione avanzata dal comodante, e non piuttosto un contratto di comodato a termine, stipulato per tutto il periodo della vita della comodataria, nel qual caso eventuali richieste di restituzione dell’immobile avrebbero potuto ritenersi legittime solo se legate alle particolari ipotesi di inadempimento del comodatario previste dall’art. 1804 cod. civ.. o al sopravvenire di un urgente e impreveduto bisogno del comodante, ex art. 1809 c.c..

Con il secondo motivo di ricorso invece la ricorrente si duole della violazione da parte della corte d’appello degli artt. 345 e 347 c.p.c., per non aver preso in considerazione l’eccezione da lei sollevata circa il deposito in appello di nuovi documenti effettuato dal S. , relativo non soltanto a documenti sopravvenuti, ma anche a documenti preesistenti e producibili già in primo grado, la cui produzione era stata effettuata allo scopo di superare il difetto di prova in ragione del quale le domande di pagamento svolte dal S. erano state rigettate in primo grado.

Lamenta altresì che la sentenza impugnata non dica nulla per smentire il rilievo contenuto nella sentenza di primo grado secondo il quale mancava la prova che i pagamenti fatti dal S. al condominio nel periodo contestato si riferissero ad oneri ordinali e non a spese straordinarie a carico del proprietario.

Il S. si è costituito deducendo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso che, contestando l’interpretazione del contratto data dalla corte d’appello e la violazione da parte del giudice territoriale dei canoni di ermeneutica contrattuale, in spregio al principio di autosufficienza non riproduce però il contenuto del contratto intercorso tra le parti, non consentendo in tal modo una verifica della corretta utilizzazione dei canoni ermeneutici da parte della corte d’appello e della ricostruzione della diversa qualificazione che ad esso la ricorrente intende attribuire.

Con l’articolato motivo di ricorso incidentale condizionato il S. lamenta poi che la sentenza di appello, pur avendo riconosciuto pienamente la fondatezza delle sue argomentazioni anche in ordine al suo diritto di credito verso la D.S. , relativo alla restituzione di quanto da lui pagato a titolo di oneri condominiali ordinali, abbia mal applicato l’art. 1804 c.c. e l’art. 112 c.p.c. omettendo di dichiarare espressamente il grave inadempimento posto in essere dalla D.S. . Per cui il controricorrente chiede che, in caso di accoglimento anche parziale del ricorso principale, la corte accolga il ricorso incidentale condizionato e, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiari risolto il contratto di comodato per grave inadempimento della ricorrente, decidendo la causa nel merito o rimettendola ad altra sezione della corte d’appello di Roma.

Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto, con cassazione sul punto della impugnata sentenza.

La ricorrente non riproduce l’intero testo del contratto di comodato intercorso con il S. , come osserva il controricorrente, che ne fa discendere l’inammissibilità del ricorso per difetto del requisito dell’autosufficienza. Tuttavia, ne riproduce le parti essenziali, come si può evincere anche dal riscontro con il testo integrale del contratto riprodotto dallo stesso controricorrente nel corpo del controricorso, e, soprattutto, le parti del contratto da essa riprodotte non contrastano con il contenuto del testo integrale, ovvero non si può ritenere che sia stata effettuata dalla ricorrente una selezione maliziosa di parti del testo, idonea a fornire una indicazione fuorviante alla corte sul testo del documento contestato e sulla sua interpretazione. Pertanto, il motivo di ricorso deve ritenersi soddisfare sufficientemente il requisito della autosufficienza del ricorso, contrariamente a quanto sostenuto dal controricorrente.

Nel merito, il ricorso va accolto sul punto perché la corte territoriale, nel compiere la sua operazione ermeneutica all’esito della quale ha qualificato il rapporto intercorso tra le parti come comodato precario, ha violato il principio di diritto più volte ribadito da questa corte in base al quale la concessione in comodato di un immobile per tutta la vita del comodatario (come è previsto nel contratto che ha dato origine alla presente controversia) costituisce un contratto a termine, di cui è certo l’an ed è incerto il quando (in questo senso Cass. n. 8548 del 2008), a fronte del quale il comodante o i suoi eredi possono sciogliersi dal contratto ma soltanto nelle ipotesi descritte dagli artt. 1804, terzo comma, 1809 e 1811 c.c. e non liberamente come avviene nel comodato precario. Con l’inserimento di un elemento accidentale quale l’individuazione di una precisa durata (in questo caso, la massima durata possibile, coincidente con la vita della beneficiaria), il comodante sceglie liberamente, d’accordo con il comodatario, di inserire nel contratto un elemento accidentale — il termine appunto – che limita la sua possibilità di recuperare quando lo ritiene opportuno la disponibilità materiale dell’immobile e al contempo rafforza la posizione del comodatario, garantendogli il godimento di quell’immobile per tutto il tempo individuato con la fissazione del termine, e sottraendolo al rischio di subire il recesso ad nutum.

Né può convenirsi con la corte territoriale laddove essa osserva che il testo del contratto tra il S. e la D.S. presentava all’interpretazione letterale, che è il primario criterio di interpretazione da utilizzare, elementi contrastanti non superabili, giustificanti il ricorso al criterio c.d. di chiusura dettato dall’art. 1371 c.c. ovvero alla interpretazione meno penalizzante per il comodante, trattandosi di un contratto a titolo gratuito. Infatti, è ben vero che il contratto è denominato ‘Contratto di comodato gratuito a tempo indeterminato’ e che nelle premesse del contratto (ove si individua anche che i due contraenti erano conviventi al momento della sottoscrizione) è indicato che ‘è intensione della stessa parte comodante dare e concedere a titolo gratuito ed a tempo indeterminato il bene immobile sopra descritto alla parte comodatario’ ovvero che nella denominazione e nella premessa del contratto non emerge il riferimento al contratto a termine ma solo e al contrario (come evidenziato dal controricorrente) l’indicazione dell’essere il contratto a tempo indeterminato.

Tuttavia, la denominazione del contratto, dettata dalle parti, non soltanto non è vincolante per il giudice ma non costituisce neppure un criterio interpretativo privilegiato del contratto stesso. Ciò che rileva è il contenuti degli accordi conclusi e vincolanti per le parti, che regolamentano il rapporto, ed in essi, dallo stesso dato letterale, emerge chiaramente che le parti hanno concluso un contratto a termine, in cui il termine è il massimo possibile, ovvero è ancorato all’intera durata della vita della beneficiaria. In particolare, l’art. 1 prevede che ‘ la parte comodante da e concede alla parte comodatario che accetta in comodato gratuito ed a tempo indeterminato sua vita natural durante…’. È inequivoco dalla lettera del testo che il riferimento alla durata indeterminata si lega e prende significato dall’essere la durata legata alla intera vita della beneficiaria, la cui durata è incerta ma certamente destinata ad avere un termine. Il dato testuale, contrastante con la ricostruzione e qualificazione del tipo di comodato effettuata dalla corte d’appello, è confermato ed anzi rafforzato dalla pattuizione inequivoca contenuta nell’articolo 7, in cui ogni riferimento ad una durata indeterminata è sparito: ‘Al termine del contratto di comodato per morte del comodatario, l’immobile resterà nella piena e libera disponibilità del comodante, o in caso di avvenuto decesso del comodante stesso dei suoi eredi ed aventi causa’. In quest’ultima clausola è definitivamente chiarito che le parti hanno concluso un contratto di comodato a termine, destinato a prolungarsi anche oltre la vita del comodante ed a cessare (salvo le ipotesi dell’art. 804 e salvo un urgente ed imprevisto bisogno del comodante, non dedotto in causa) solo con la morte della comodataria, in quanto la previsione, per il suo significato letterale, non avrebbe senso al di fuori di un contratto a termine ed è incompatibile con la previsione di un comodato precario.

Quanto al secondo motivo del ricorso principale, esso è del tutto inammissibile per carenza di autosufficienza, in quanto con esso la ricorrente si limita a dolersi che la decisione di appello si sia fondata anche su alcuni documenti ai quali la corte ha dato ingresso nel corso del giudizio di appello, alcuni formatisi successivamente al giudizio di primo grado ma altri formatisi precedentemente, contravvenendo ai limiti della producibilità, e quindi della utilizzabilità dei documenti in appello fissati dagli artt. 345 e 347 c.p.c, applicabili anche al rito delle locazioni seguito per i contratti di comodato quale quello per cui è causa, il tutto senza minimamente indicare con precisione a quali documenti intendesse riferirsi e quando gli stessi fossero stati prodotti e senza neanche specificare se si era opposta in appello alla produzione documentale. È possibile che intendesse far riferimento alla produzione di ricevute di pagamento da parte del S. degli oneri condominiali che, contrattualmente, la D.S. si era obbligata a sostenere e poi non ha provveduto a pagare, ma il riferimento è troppo generico per poter essere preso in considerazione.

Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato, lo stesso è infondato e va rigettato.

Con esso, per il caso di accoglimento del ricorso principale, il controricorrente si duole che la corte d’appello, pur avendo accertato che la D.S. non ha provveduto, come si era impegnata a fare nel contratto, a pagare al condominio di via in XXXXXXX gli oneri condominiali ordinari per tutto il periodo di godimento dell’appartamento, e pur avendola condannata a rifondergli quanto da lui pagato per i suddetti oneri condominiali, accertato il grave inadempimento della comodataria, non abbia pronunciato la risoluzione del contratto. Tuttavia, il rimedio generale della risoluzione per inadempimento non può essere utilizzato in relazione al contratto di comodato, che è contratto essenzialmente gratuito e non perde tale sua caratteristica anche quando, come nella specie, siano previste delle pattuizioni di apprezzabile peso economico a carico della comodataria, in quanto esse rimangono pur sempre pattuizioni accessorie e non snaturano il rapporto, al quale non possono essere applicati rimedi che sono riservati ai contratti a prestazioni corrispettive.

Diversa è l’ipotesi di restituzione anticipata del bene dato in comodato, cui fa riferimento la norma (art. 1804 c.c.) citata dal S. , che è utilizzabile come rimedio per l’inadempimento del comodatario esclusivamente in caso di violazione degli obblighi espressamente richiamati dalla norma, che integrano altrettante ipotesi di abuso della cosa oggetto del comodato e di violazione della fiducia riposta dal comodante nel comodatario (le ipotesi previste dalla norma sono infatti il mancato rispetto dell’obbligo di custodire e conservare la cosa, di fare l’uso della cosa previsto dal contratto o derivante dalla natura del bene, e la concessione del godimento di essa a terzi senza il consenso del comodante). Lo strumento della restituzione anticipata non sarebbe in ogni caso utilizzabile nel caso di specie, estraneo alle ipotesi previste nell’art. 1804 c.c., e non è riconducibile comunque alla risoluzione per inadempimento ma questa facoltà di scioglimento anticipato del rapporto è piuttosto accostata dalla dottrina alla figura del recesso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Le spese dei precedenti due gradi di giudizio sono compensate, in ragione dei rapporti tra le parti.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo, e rigetta il ricorso incidentale condizionato.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al primo motivo accolto e rigetta la domanda.

Compensa le spese dei primi due gradi di giudizio.

Condanna il controricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per spese.

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