Cass. Civ., Sez. V, sentenza 4 maggio 2018, n. 10669
Corte di Cassazione, V sezione civile, sentenza 4 maggio 2018, n. 10669
Fatti di causa
F. B. impugnava innanzi alla CTP di Chieti, un avviso di accertamento emesso dal Comune di Francavilla al Mare per ICI, anno di imposta 2006, riferito ad un terreno di cui il contribuente era proprietario per una quota del 50% che, con delibera del Consiglio Provinciale di Chieti del 31.10.89 n. 153, era stato destinato a parcheggio pubblico. Il ricorrente lamentava l’inesistenza della notificazione dell’avviso di accertamento e la non assoggettabilità del terreno all’imposta ICI per difetto di edificabilità, oltre al difetto di motivazione. La CTP di Chieti accoglieva il primo motivo di ricorso e annullava l’avviso di accertamento impugnato, ritenendo che la destinazione del terreno a parcheggio pubblico ne escludesse l’edificabiltà, facendo venire meno il presupposto dall’assoggettabilità all’ICI. La sentenza veniva appellata dal Comune di Francavilla al Mare innanzi alla CTR dell’Abruzzo. La CTR accoglieva l’appello principale, respingendo l’appello incidentale spiegato dal contribuente. Propone ricorso per la cassazione della sentenza F. B. svolgendo due motivi, illustrati con memorie. Il Comune si è costituito con controricorso.
1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 212 del 2000 in relazione all’art. 11 d.lgs. n. 504 del 1992, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., atteso che l’avviso di accertamento impugnato sarebbe carente della indicazione dei criteri adottati per la determinazione dell’imposta, facendo rinvio alla delibera n. 415 del 2008 della Giunta comunale non riportata negli elementi essenziali, né allegata all’avviso.
1.1.Il motivo è infondato.
Le delibere comunali, quali atti amministrativi a contenuto generale non sono soggette all’obbligo di allegazione previsto dall’art. 7 della I. n. 212 del 2000, al fine di soddisfare i requisiti della sufficiente motivazione dell’atto impositivo (Cass. 22254 del 2016). Esse sono atti a contenuto normativo secondario, giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione (Cass. n. 13105 del 2012; Cass. n. 25371 del 2008).
2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, e 2, comma 2 lett. b), 11 quaterdecies, comma 16, d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., atteso che il terreno di cui il ricorrente è comproprietario è vincolato dal P.R.G. del Comune di Francavilla a “parcheggio pubblico” sin dal 1981, con reiterazione del vincolo che permane sino ad oggi, senza che, nel frattempo, si sia dato avvio alla procedura di esproprio, pertanto non assoggettabile ad ICI. Ne consegue che la CTR avrebbe errato nel ritenere che la presenza di vincoli non sottraesse l’area al regime fiscale proprio delle aree fabbricabili.
3. Il motivo è infondato in ragione delle considerazioni che seguono.
a) Non è circostanza contestata che il terreno oggetto della controversia risulta qualificato dal PRG come edificabile (zona residenziale di completamento) ed è sottoposto a vincolo per la realizzazione di un parcheggio pubblico.
Tale vincolo non solo non rileva ai fini ICI, ma non qualifica l’area come inedificabile.
Questa Corte ha chiarito che: ” In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1992, in nessun modo ricollega il presupposto dell’imposta all’ideoneità del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo rilievo il valore dell’immobile, ai sensi del successivo art. 5, ai soli fini della determinazione della base imponibile, e quindi della concreta misura dell’imposta, con la conseguenza che deve escludersi che un’area edificabile soggetta ad un vincolo urbanistico che la destini all’espropriazione sia per ciò esente dall’imposta. Tale conclusione riceve conferma dalla disciplina dettata dall’art. 16, comma 2, del citato d.lgs. n. 504 del 1992 – abrogato a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi degli artt. 58, comma 1, n. 134, e 59 del d.P.R. n. 327 del 2001, modificati dal d.gs. n. 302 del 2002 – e dall’art. 37, comma 8, del menzionato d.P.R. n. 327 del 2001, i quali mirano a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso in cui l’imposta versata nei cinque anni precedenti all’espropriazione, conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe risultata se fosse stata calcolata sull’indennità di espropriazione effettivamente corrisposta (né tale disciplina, nella parte in cui non si applica al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data dell’espropriazione, pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 Cost.)”. ( Cass. n. 12272 del 2017; Cass. n. 19750 del 2004). Tale principio è desumibile anche all’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità in tema di espropriazione, laddove si è ritenuto che: “In tema di ICI, l’occupazione temporanea d’urgenza di un terreno da parte della P.A. non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga il decreto di esproprio (o comunque l’ablazione) del fondo, sicché egli resta soggetto passivo di imposta ancorché l’immobile sia detenuto dall’occupante” (Cass. n. 19041 del 2016).
b) L’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico (nella specie, parcheggio pubblico), se pure assume rilievo nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile (Cass. n. 23814 del 2016; Cass. n. 14763 del 2015).
Va, quindi, disatteso il diverso orientamento (Cass. n. 25672 del 2008; Cass. n. 5992 del 2015) secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992 e restano sottratte al regime fiscale dei suoli fabbricabili. Tali pronunce, infatti, non tengono conto che il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), prevedendo che un terreno è considerato edificatorio sia quando la edificabilità risulti dagli strumenti urbanistici generali o attuativi, sia quando, per lo stesso terreno, esistano possibilità effettive di costruzione, delinea una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria. Essa, pertanto, non può essere esclusa dalla ricorrenza dei vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria. Ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore vena- le e, conseguentemente, sulla base imponibile (Cass. n. 9510 del 2008; Cass. n. 9778 del 2010; Cass. n. 5161 del 2014).
c) Deve, quindi, negarsi, ai fini ICI, la natura inedificabile dell’area compresa in una zona destinata dal PRG a “parcheggio pubblico”, la quale, per i principi espressi, non può ritenersi esente da imposta.
4. La sentenza impugnata, pertanto, non merita censura avendo la CTR affermato che la presenza di eventuali vincoli non sottrae l’area su cui insistono al regime fiscale proprio delle aree fabbricabili, ma incide solo sulla concreta valutazione del relativo valore venale e quindi sulla base imponibile.
5. Da siffatti rilievi consegue il rigetto del ricorso e la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 qua- ter del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 500,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.