Cass. Civ., VI Sez. Civ., sentenza 5 dicembre 2016, n. 24747
Corte di Cassazione, VI Sezione civile, sentenza 5 dicembre 2016, n. 24747
Svolgimento del processo
K.H.A.L. (promissario acquirente), con atto di citazione del 10 luglio 2007 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Terni Ke.Ha.Mo.Al. (promittente venditore) per ivi sentire condannare il convenuto, in via principale al pagamento del doppio della caparra ex art. 1385 cod. civ., previo accertamento del legittimo esercizio di recesso dal contratto preliminare avente ad oggetto la promessa di vendita di un immobile di civile abitazione site in Sangemini (TR) disatteso dal promittente alienante, in via subordinata, ne chiedeva la condanna al risarcimento del danno in accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 cod. civ.. Si costituiva Ke.Ha.Mo.Al. contestando integralmente le argomentazioni le deduzioni le richieste e le conclusioni avversarie.
Il Tribunale di Terni con sentenza n. 366 del 2011 accoglieva la domanda attorea e condannava il convenuto al pagamento del doppio della caparra, nonché delle spese del giudizio.
La Corte di appello di Perugia pronunciandosi sull’appello promosso da Ke.Ha.Mo.Al. (promittente venditore), a contraddittorio integro, con sentenza n. 184 del 2014 riformava la sentenza impugnata e dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente, compensava integralmente le spese del giudizio. Secondo la Corte perugina posto che le parti contrattualmente subordinavano l’accordo alla prestazione della caparra, si doveva ritenere che la prestazione fosse essenziale e, pertanto, il mancato adempimento era causa legittima di risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da K.H.A.L. con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. Ke.Ha.Mo.Al. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso K.H.A.L. lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1385 cod. civ. (ex art. 360 n. 3 cod. proc. Civ.). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che nel caso esame la caparra aveva perduto la funzione di rafforzamento del vincolo contrattuale dato che l’assegno con il quale si intendeva corrispondere la caparra concordata al momento della sua emissione era privo di provvista perché la funzione della caparra è assolta dalla messa a disposizione della somma e non anche dall’immissione della stessa nella disponibilità del destinatario. Lo spossessamento della provvista si verifica con l’incasso del titolo e non al momento della sua emissione.
1.1.- Il motivo è fondato.
Come è affermazione di questa Corte (Cass. n. 17127 del 09/08/2011) che qui si condivide e si conferma: la caparra ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario anche se l’effetto proprio della caparra si perfeziona al momento della riscossione della somma recata dall’assegno, e quindi salvo buon fine. Con l’ulteriore specificazione che “in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo; tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo, invece, al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento” (Cass. n. 17749 del 2009).
La Corte d’appello di Perugia nell’accogliere il gravame proposto da Ke.Ha.Mo.Al. è incorsa nella denunciata violazione di legge, dato che con la consegna dell’assegno (nel nostro caso e per accordo tra le parti mediante la consegna al mediatore) il contratto di caparra, quale contratto reale, si era perfezionato.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc., civ. e art. 112 cod. proc. Civ. (ex art. 340 n. 4 cod. proc. Civ.). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel risolvere il contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente perché tale domanda non era stata proposta in primo grado e la stessa richiesta di accertare l’inadempimento di K. risulterebbe formulata per la prima volta in appello.
2.1.- Il motivo rimane assorbito dal primo posto che la questione prospettata presuppone, comunque, l’inadempimento del promissario acquirente che si è escluso con l’accoglimento del primo motivo.
In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Perugia in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Perugia in altra composizione.